⁠Cina, stop a processori esteri nei computer governativi

Il governo ha deciso di porre la parola stop sulla presenza di processori esteri all’interno dei sistemi governativi nazionali

Cina e Stati Uniti hanno avviato una battaglia a suon di tecnologia. Il governo asiatico, dopo le ultime mosse di quello statunitense, ha deciso di rispondere alla stessa maniera, provocando una rottura nella rete di connessione che teneva legati i due paesi. Tutto avrebbe origine dalla decisione degli USA di lavorare a piani per stimolare la produzione di chip in patria. Un modo per diventare, così, meno dipendente da quelli provenienti sia dai cinesi, che Taiwan. Tale progetto che avrebbe già ottenuto il via nella scorsa settimana con l’annuncio di sussidi e prestito dal governo – pari a quasi 20 miliardi – destinati al noto produttore ‘Intel’.

Cina, stop ai processori esteri nei computer governativi
Chip – Cityrumors.it

Un affare che il ministro del Commercio statunitense Gina Raimondo ha definito come “enorme“, specificando poi che si tratta di uno dei più grandi investimenti mai realizzati nel settore dei semiconduttori. Insomma, una vera e propria svolta tecnologica e che si allargherà anche ad altre aziende. Si prevede, infatti, che nelle prossime settimane anche la TSMC, di Taiwan, e la Samsung, originaria della Corea del Sud, riceveranno finanziamenti dagli Stati Uniti per costruire fabbriche sul territorio. Un colpo che la Cina non ha potuto accettare e che ha portato anche a delle conseguenze.

La reazione della Cina

Secondo quanto riporta il quotidiano economico britannico Financial Times, le istituzioni vogliono sbarazzarsi dei computer e dei server governativi che utilizzano microprocessori americani di Intel e AMD. Una risposta bella e buona, ma che non si esaurisce qui. Liberarsene non può bastare, bisognerà preso mettersi a caccia di alternazione nazionali e in questo senso sono già avvenute le prime azioni. Stando a quanto scrivono ancora dal Regno Unito, sono state stabilite delle linee guida per aggirare il sistema operativo Windows di Microsoft e i software di database di fabbricazione straniera. Alle agenzie governative, in particolar modo, è stato chiesto di iniziare un lavoro di ricerca e creazione di processori e sistemi che siano di massima sicurezza e affidabilità quando si acquistano computer e server.

La reazione della Cina
Bandiere cinesi (Ansa Foto) – Cityrumors.it

Ma da cosa nasce tutto ciò? Cosa c’è dietro le decisioni prese dagli americani? La risposta sta nella concorrenza che intercorre tra le due fazioni commerciali. Il Chips Act – così è stato chiamato – si sviluppa con l’intenzione di ridurre la produzione nel paese e impedire la crescita del settore in Cina. Per questo motivo, spostando la produzione in casa, possono evitare di dover affrontare un’altra grave carenza di chip, come è già avvenuto nel 2021.

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