Una coppia di alpinisti stava scalando una vetta: la donna si è fermata all’improvviso sopraffatta dalla stanchezza. L’uomo l’ha lasciata ed è tornato indietro da solo per chiedere aiuto: quando è tornato con i soccorsi, l’ha trovata assiderata
Tragico incidente o omicidio? La procura sta indagando sulla morte di una ragazza di 33 anni, impegnata in una scalata in alta montagna con il fidanzato. La coppia aveva raggiunto la vetta più alta di un monte quando, secondo la ricostruzione dell’uomo, la donna avrebbe accusato la stanchezza. Impossibilitata a muoversi, la donna si è bloccata: non riusciva più a muovere nè un passo in avanti, nè uno all’indietro.

Il ragazzo ha deciso di scendere a valle per chiedere aiuto. Ha lasciato la compagna sulla vetta del monte, chiedendole di attendere il suo ritorno: nella speranza di riuscire a trovare dei rinforzi. La discesa e la risalita, con un gruppo specializzato in salvataggi in alta quota, è però durata più del previsto: circa sei ore. Quando la comitiva ha raggiunto la ragazza, l’ha trovata assiderata e priva di vita. Si è trattato di un tragico incidente o il comportamento del ragazzo può essere considerato per lo meno contraddittorio? La procura sta cercando di fare luce sulla vicenda. Che nasconde ancora tanti punti oscuri.
Una coppia di alpinisti esperta: “Erano convinti di riuscire nell’impresa”
I protagonisti di questa triste storia si chiamano Thomas Plamberger, di trentasei anni e Kerstin Gurtner, di trentatré. Entrambi amanti della montagna, si erano regalati un’escursione notturna del Grossglockner (3.798 m), la montagna più alta dell’Austria. Una volta raggiunta la vetta, Gurtner si è fermata: era esausta, impossibilitata ad iniziare la discesa. Thomas l’ha lasciata sul posto, provando a trovare aiuto. Ma quando i soccorritori sono arrivati, l’hanno trovata congelata.

La scorsa settimana, la Procura di Innsbruck ha concluso l’indagine e ha accusato Plamberger di omicidio gravemente colposo. Se condannato, rischia fino a tre anni di carcere. Cosa è successo veramente sul Grossglockner? L’uomo può davvero essere incriminato? Secondo la ricostruzione dell’avvocato difensore, i due alpinisti si consideravano pronti per scalare la vetta e pensavano di essere “sufficientemente esperti, adeguatamente preparati e ben equipaggiati”. Hanno iniziato la loro salita alle 6:45 del mattino, tentando di raggiungere la vetta attraverso la sua cresta sud-ovest, nota come Stüdlgrat. Avevano pianificato di tornare attraverso la via normale, leggermente più facile, che scende a sud-est passando per la terza vetta più alta dell’Austria, il Kleinglockner (3.770 m), e oltrepassando un rifugio alpino, l’Erzherzog Johann, a 3.450 m.
La vetta dove è accaduta la tragedia: tutte le incongruenze del racconto
Quello che è successo più tardi, intorno alle 22:30 viene letto in modo diverso, dalla difesa dell’uomo e dall’accusa. Un elicottero della polizia alpina fu inviato per aiutare la coppia, ma quando sorvolò e illuminò gli alpinisti, Plamberger non diede alcun segnale di difficoltà e la coppia continuò a salire. “Poiché entrambi si sentivano bene e non erano lontani dalla vetta, non c’era alcuna emergenza e quindi nessun segnale del genere fu dato”, afferma il suo avvocato. Il resoconto della difesa sostiene, tuttavia, che non appena l’elicottero se ne fu andato, la salute di Gurtner si deteriorò. “Ha improvvisamente mostrato crescenti segni di esaurimento”, uno sviluppo che Plamberger definisce “completamente inaspettato e oggettivamente imprevedibile”.

L’accusa rileva che i servizi di soccorso alpino fecero “diversi tentativi” per contattare Plamberger dopo il sorvolo dell’elicottero della polizia, ai quali non rispose, sebbene avesse campo e ricevesse le chiamate. (L’avvocato di Plamberger afferma che il suo cliente “non si era accorto [delle chiamate], perché il suo cellulare ‘vibrava solo leggermente per le chiamate e i messaggi in arrivo'”). I soccorritori ricevettero finalmente una richiamata da Plamberger circa due ore dopo il volo dell’elicottero, alle 00:35, ma i resoconti su quanto fu detto in questa chiamata differiscono. Secondo la polizia, la conversazione fu “poco chiara” e Plamberger rimise poi il telefono in tasca in modalità silenziosa. Plamberger, nel frattempo, sostiene che dopo questa chiamata, “era convinto che l’ufficiale di polizia alpina fosse a conoscenza della gravità della situazione e che il soccorso fosse urgentemente necessario”. Poi la situazione è degenerata. Quali sono le responsabilità dell’uomo? Può davvero essere considerato colpevole, o si è trattato di una tragedia? Il processo inizierà a febbraio del 2026: ma i dubbi restano tanti.





