Tre suore anziane fuggono dalla casa di cura in Austria e tornano a vivere nel loro vecchio convento. Una storia di ribellione spirituale che ha fatto scandalo
Una storia degna di un film, con un tocco di ribellione spirituale. Tre suore anziane, rispettivamente di 88, 86 e 82 anni, sono fuggite dalla loro casa di cura. Il motivo? Volevano tornare a vivere nel loro vecchio convento fatiscente, a pochi passi da Salisburgo. La loro insolita “occupazione abusiva” ha scatenato un vero e proprio caso tra le autorità ecclesiastiche austriache e tedesche.

Le tre anziane, identificate come suor Bernadette, suor Regina e suor Rita, hanno dichiarato di non avere alcuna intenzione di lasciare il monastero di Goldenstein, a Elsbethen.
Il loro gesto di disobbedienza civile ha messo in imbarazzo il prevosto dell’abbazia di Reichersberg, Markus Grasl. Quest’ultimo si è appellato pubblicamente a loro, chiedendo di tornare alla casa di cura. Il prevosto ha sottolineato che le suore necessitano di cure mediche. Inoltre, che le condizioni del convento, prive di servizi essenziali, sono troppo precarie per ospitarle.
Anche la presidente delle Suore del Coro Agostiniano di Essen, suor Beate Brandt, ha condannato l’azione. In particolare, ha dichiarato di non poter “tollerare” un simile comportamento.
Il convento e l’ultima sfida delle tre suore
Ma la loro ribellione ha trovato l’appoggio inaspettato della gente del posto. I residenti si sono mobilitati per aiutare le suore, ripristinando l’approvvigionamento idrico ed elettrico del convento e organizzando un servizio di consegna a domicilio per la spesa.

I loro sostenitori sono andati oltre, creando addirittura un account Instagram per documentare e promuovere la “mini-rivolta” portata avanti dalle suore.
Il caso delle tre suore di Goldenstein solleva questioni complesse sul ruolo e sul trattamento degli anziani nelle istituzioni religiose. La scelta delle suore di tornare al loro vecchio convento, nonostante i pericoli e le precarie condizioni, sembra essere una ricerca di autonomia e dignità, un desiderio di trascorrere i loro ultimi anni in un luogo che ha segnato la loro intera esistenza.
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Un gesto che, se da un lato è condannato dalle autorità ecclesiastiche, dall’altro lato ha toccato il cuore di una comunità locale. Con affetto e solidarietà tutti hanno scelto di sostenere la loro ultima e insolita battaglia.