Becker condivide un contenuto negazionista su X e scatena un caso mediatico. Il suo legale: “Becker è pentito”
Boris Becker non è solo un nome nella storia del tennis, è una leggenda vivente. Ex numero 1 al mondo, tre volte campione di Wimbledon, è stato il più giovane vincitore del prestigioso torneo londinese a soli 17 anni. Volto noto anche fuori dal campo, tra televisioni, sponsorizzazioni e vicende giudiziarie, Becker è una figura polarizzante, amata e discussa. E oggi, torna sotto i riflettori per un motivo decisamente controverso.
La vicenda riaccende i riflettori sulla responsabilità dei personaggi pubblici nell’uso dei social media: la viralità di un contenuto, soprattutto se delicato o storicamente pericoloso, può avere un impatto devastante, a prescindere dalle intenzioni.
È bufera su Boris Becker. L’ex fuoriclasse tedesco del tennis si è ritrovato al centro di un caso mediatico per aver condiviso sul suo profilo X (ex Twitter) un post complottista che sosteneva che Adolf Hitler non fosse morto nel 1945, come storicamente accertato, ma sarebbe invece sopravvissuto.
Il contenuto, originariamente pubblicato da un altro utente, è stato ricondiviso da Becker con un apparente gesto di adesione o curiosità, scatenando immediatamente reazioni forti da parte dell’opinione pubblica e dei media, soprattutto in Germania, dove il tema è estremamente sensibile.
Interrogato dall’agenzia di stampa DPA, il legale di Becker ha chiarito che si è trattato di “un errore di valutazione” da parte dell’ex tennista: “Il signor Becker si è pentito profondamente. Il suo messaggio è stato frainteso”.
Nonostante il post sia stato rimosso poco dopo la pubblicazione, le polemiche non si sono placate. Molti utenti hanno accusato Becker di superficialità, mentre altri hanno chiesto chiarimenti più netti da parte sua.
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