Una situazione che sta diventando sempre più pericolosa, con tante carceri italiane sul punto di esplodere perchè sovraffollate con una situazione igienico sanitaria sull’orlo del collasso
L’ultimo grido d’allarme è arrivato direttamente dai detenuti, che hanno provato a spiegarlo senza ricorrere alla violenza con una lettera scritta e recapitata alle autorità competenti, per cercare di risolvere una volta per tutte una situazione che potrebbe esplodere da un momento all’altro. I detenuti della Quinta sezione del carcere di Vigevano hanno infatti voluto denunciare una situazione oramai insostenibile nell’istituto di pena. Nella lettera di reclamo indirizzata a numerose autorità, dalla Direzione del carcere al ministro della Giustizia, passando per Garanti dei diritti dei detenuti e associazioni umanitarie, chiedono il rispetto della dignità umana e l’applicazione della Costituzione e del regolamento penitenziario.

Erano 62.761 le persone detenute nelle carceri italiane il 31 maggio scorso, 11.437 in più della capienza complessiva, 16.016 in più rispetto ai posti regolamentari effettivamente disponibili, Da qui esce il dato più preoccupante, quello dell’indice di sovraffollamento che arriva al 134,29%, in pratica dove ci sono cento posti sono presenti in media 135 persone.
Una situazione davvero esplosiva
A cadenze regolari, soprattutto dopo l’ennesima rivolta, si torna a parlare della grave situazione che si registra in tutte le carceri o case circondariali della nostra penisola. Sovraffollamento carcerario, carenza di personale che dovrebbe garantire il rispetto delle regole anche all’interno degli istituti di pena, condizioni di vita che peggiorano di giorno in giorno, suicidi continui di chi non resiste a tali condizioni, mancanza di beni di prima necessità, gravi carenze strutturali come bagni intasati, finestre rotte, perdite d’acqua ovunque e un impianto luminoso non funzionante da oltre un anno, mancanza di frigoriferi e freezer che compromette la corretta conservazione degli alimenti.

Una situazione da carcere sudamericano per intenderci, che si potrebbe risolvere in due modi: o costruire nuovi carceri, ma ci vorrebbero degli anni prima di mandarli a regime o procedere con l’indulto, quella parola che per tanti significa però un regalo sotto forma di sconto di pena.
Serve l’indulto
Nel linguaggio comune il termine “amnistia” viene spesso confuso con “indulto”, generando ambiguità. In realtà, mentre l’indulto incide esclusivamente sulla pena lasciando inalterato il reato, l’amnistia estingue il reato stesso, cancellandone la rilevanza penale. L’indulto e l’amnistia sono strumenti attraverso i quali lo Stato interviene in maniera straordinaria sul sistema delle pene proprio per alleggerire la pressione sul sistema carcerario, ovviamente nei casi previsti dalla legge, ad esempio per tutte quelle persone che sono sono in cella per scontare condanne o residui di pena inferiori a due anni. A tal proposito è intervenuto anche il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, secondo il quale “basterebbe un provvedimento di indulto” proprio per tutte queste persone, per cancellare il sovraffollamento e rimettere in funzione il sistema penitenziario italiano.

Secondo Anastasia “la prima misura necessaria dovrebbe essere rimettere in pari il numero delle persone detenute con quelle a cui l’Amministrazione penitenziaria, le amministrazioni pubbliche concorrenti e la società civile possano effettivamente garantire un trattamento dignitoso e una offerta di sostegno e di opportunità formative e lavorative idonee a consentirne il reinserimento sociale in condizioni di autonomia e legalità”. Un problema più che altro politico perchè come ricorda sempre il Garante “l’amnistia e l’indulto sono gli unici strumenti straordinari, rapidi ed efficaci previsti dalla Costituzione, che richiedono il consenso di maggioranza e opposizione, come fu nel 2006, quando il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il leader dell’opposizione Silvio Berlusconi votarono concordemente un indulto di tre anni, con lo strabiliante risultato di dimezzare la recidiva tra i suoi beneficiari”.