Quella che doveva essere una giornata di festa e di passione per migliaia di tifosi, la passerella finale della manifestazione calcistica più importante del calcio europeo per club, si trasformò in una serata di orrore
Il 29 maggio 1985 trentanove persone persero la vita nella calca provocata dai tifosi del Liverpool contro i sostenitori della Juventus prima della finale di Coppa Campioni che si stava per disputare nello stadio di Bruxelles, la capitale del Belgio. È uno dei più grandi drammi vissuti dal mondo del calcio, gli hooligans inglesi travolsero il settore che ospitava i supporter bianconeri, che morirono o schiacciati contro le balaustre o precipitati dalle grandinate dopo il crollo di un muretto.

Per la finale della Coppa dei Campioni 1984/1985, la Federcalcio europea, la UEFA, assegna a Bruxelles l’onore di ospitare il match finale. Teatro dell’evento lo stadio Heysel che, in pochi anni, si vede assegnare tre finali di Coppa dei Campioni (1958, 1966 e 1974), tre di Coppa delle Coppe (1964, 1976 e 1980) e la finale di andata di Coppa Uefa Anderlecht-Benfica del 4 maggio 1983. L’Heysel ospita quindi ancora una volta l’atto conclusivo della coppa più importante a livello di club europei: da un lato i campioni d’Europa in carica del Liverpool, alla quinta finale di Coppa Campioni in nove stagioni, e dall’altro la Juventus, già finalista nel 1973 e nel 1983.
La notte che cambiò la storia del calcio
Erano gli anni delle prime partite a colori, non esistevano ancora le pay tv e le notti europee delle squadre italiane impegnate contro le avversarie di altre federazioni erano degli eventi che andavano oltre il campanilismo, erano serate dove imparavi a conoscere anche le “altre” squadre, quelle famose, con quelle maglie inconfondibili, di cui si riusciva ad avere notizia soltanto leggendo qualcosa sui giornali della carta stampata. E le finali delle coppe europee, trasmesse finalmente in diretta anche dalla Rai, permettevano a tutti gli appassionati di sognare nel vedere finalmente le gesta di giocatori famosi, in stadi leggendari, se poi in una di quelle finali ci giocava anche una rappresentante italiana, tutto prendeva una piega diversa ancora più importante.

Ecco perchè quella maledetta sera del 29 maggio 1985 tutti gli appassionati e non solo italiani si erano radunati davanti ai televisori per assistere alla partita della Juventus di Platini, Boniek e degli eroi di Spagna 82, che ancora militavano in bianconero contro una delle squadre più famose in Europa. Il Liverpool del centravanti gallese Rush, di Kenny Dalglish e del portiere Grobbelar, che l’anno prima aveva ipnotizzato Conti e Graziani nella sequenza dei rigori finali e aveva così infranto il sogno romanista di alzare la Coppa dei campioni. Una finale attesa da tutti i tifosi juventini dopo l’enorme delusione di Atene di due anni prima quando un gol di Magath regalò il trofeo all’Amburgo. Ma il calcio è passione e nessuno voleva rinunciare a quel secondo viaggio della speranza a Bruxelles per vedere finalmente alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie.
Una assurda tragedia
Ma quel giorno non sarà mai più ricordato come il giorno della finale di Coppa di Campioni della Juventus contro il Liverpool, perchè sarà per sempre ricordato come il giorno della strage degli innocenti. Travolte, schiacciate, soffocate. Ecco come morirono allo stadio Heysel 39 persone, tra uomini, donne e bambini quarant’anni fa, in quel 29 maggio 1985 a Bruxelles. Erano lì soltanto per assistere alla finale e non ritornarono più a casa.

Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese, con quasi 1000 feriti, molti dei quali con traumi fisici e psicologici permanenti. Fu una notte assurda, terribile, fu la notte dove l’orrore spazzò via per sempre la gioia dello sport, fu la notte che cambiò per sempre il calcio. Regolamenti, impianti, il servizio d’ordine, la disposizione delle tifoserie avversarie all’interno degli stadi, cambiò soprattutto la percezione d’innocenza e di gioia che una partita di calcio fino a quel momento aveva regalato.
Troppe vite spezzate dalla furia degli hooligans
E’ un pomeriggio di luce e bandiere che sembra scandire alla perfezione il conto alla rovescia prima della finale, ma alle 19, un’ora prima del calcio d’inizio, tutto cambia e il gelo della morte sta per scendere su quello stadio vetusto con un servizio d’ordine totalmente inadeguato per evitare e contenere gli eventi che stanno per accadere. Una parte della tifoseria del Liverpool si riversò in massa sulla tribuna laterale dove si trovavano tifosi della Juventus, il famigerato settore Z. I sostenitori dei Reds sfondarono le barriere che separavano il loro settore da quello che avrebbe dovuto essere occupato da tifosi neutrali e nel quale invece si trovavano molti juventini, tranquille e inermi persone, intere famiglie arrivate da ogni parte d’Italia, che a quel punto cercarono scampo spostandosi più lontano possibili dall’orda dei tifosi avversari alla carica, ammassandosi troppo pericolosamente contro il muro di cinta dello stadio.

La tragedia si consuma in pochi istanti, la polizia colpevolmente in ritardo apre i cancelli in basso al settore per tentare di far defluire le persone direttamente sulla pista di tartan che corre intorno al campo, per qualcuno sarà la salvezza per molti altri è l’inizio della fine. Tanti, troppi moriranno schiacciati e soffocati dalla calca che non lascia speranza, qualcuno precipiterà dal muro di cinta dello stadio che sotto la spinta terribile della calca cede e crolla trascinando tutti da molti metri d’altezza. Una tragedia assurda, incredibile, orribile, andata in diretta televisiva tra lo sgomento dell’Italia intera. Dopo oltre due ore la partita, per motivi di ordine pubblico, si giocò ugualmente, tra polemiche roventi di chi non ne capiva la necessità e la Juventus vinse anche la partita che resterà però per sempre quella della coppa insanguinata.