L’esperto: “Hamas ha sfruttato una debolezza da supponenza di Israele”

Marco Di Liddo, Diretto del  Ce. S.I. – Centro Studi Internazionali, sull’attacco di Hamas: “Forte rischio di coinvolgimento di altri stati”

Cosa si nasconde dietro l’attacco di Hamas? Come è stato possibile riuscire a beffare un esercito così organizzato? Cosa potrà accadere nei prossimi giorni in tutto il mondo arabo e potrebbero esserci ripercussioni in Italia e nei principali stati europei? Marco Di Liddo, direttore del Ce. S.I. – Centro Studi Internazionali, risponde a tutte le nostre domande, regalandoci una fotografia accurata della situazione.

Ecco cosa si nasconde dietro l’attentato di Hamas – Cityrumors.it

Dottor Di Liddo, come è stato possibile, per un Paese strutturato e attento come Israele, subire un attacco di questo tipo?
“I motivi sono tanti. Il primo è che molto probabilmente hanno sottovalutato la minaccia. Sia a livello strategico, immaginando che un organizzazione come Hamas non riuscisse a mettere in piedi una cosa del genere, sia a livello tattico, abbassando il consueto livello di guardia. Questo non toglie l’abilità di Hamas nell’organizzare l’operazione, cercando di minimizzare tutti i rischi”.

Un’operazione del genere in quanto tempo è stata pianificata?
“Si stima che possa essere stata pianificata in almeno due anni, sfruttando tutte le possibili debolezze di Israele. In questo caso parlerei di debolezza da supponenza. Ma non sottovalutiamo il fatto che la complessità dell’attacco ha previsto anche una serie di attacchi hacker, condotti in soggetti individuati e attribuiti ad Hamas e che hanno colpito e indebolito la capacità di controllo di Israele”.

La comunità ebraica ha parlato dell’evento più sanguinoso dopo la Shoah. È cosi?
“Questo va valutato con attenzione e in due modi. Il primo, dal punto di vista numerico: bisogna vedere quante vittime civili israeliane ci sono state e paragonarle con le morti in altri conflitti lunghi. Non la somma degli attentati condotti in un enorme lasso di tempo. Capire le vittime civili rispetto ad un’azione pianificata. E in questo senso credo che il numero delle vittime sia superiore ad altre situazioni del passato. Chiaramente non è paragonabile alla Shoah. Sarebbe improbo. La motivazione di questo paragone è di tipo simbolico e politico. Si evoca la tragedia più grande che riguarda il popolo ebraico per cercare di far capire la gravità di ciò che è accaduto e per interpretare al meglio la rabbia della comunità israeliana all’estero e in Patria. E muovere le coscienze fuori da Israele”

Cosa potrà accadere ora? Dovremmo attenderci risposte, con il rischio concreto di un coinvolgimento di altri Paesi?
“Il rischio è alto. Anche in questo caso va fatta una divisione tra attori non statali e attori statali. Tra i non statali, i primi che potrebbero puntare a sfruttare le vulnerabilità di Israele sono gli Hezbollah libanesi, che se riterranno permissivo lo scenario operativo, potrebbero lanciare un’offensiva su larga scala. Già nelle ore successive all’attentato di Hamas, hanno testato il sistema di difesa di Israele nel nord. Hezbollah potrebbe tirarsi dietro non solo le milizie libanesi ma anche quelle sciite irachene, che sono tante a livello numerico e potrebbero rispondere ad una chiamata contro Israele”.

Marco Di Liddo, analista del Cesi in esclusiva a Cityrumors.it – Cityrumors.it

Sul fronte degli attori statali?
“Il primo indizio va in direzione dell’Iran, che nonostante non abbia preso parte ufficialmente all’operazione, l’ha resa possibile grazie al suo supporto e all’addestramento delle forze in campo. E’ molto probabile che Israele non dimentichi come l’Iran abbia contribuito all’operazione e dopo aver sistemato la questione di Gaza potrebbe sistemare quella con Teheran”.

Il Premier Giorgia Meloni ha parlato di rischio di emulazione nel nostro Paese. Esiste un pericolo del genere?
“Si. La causa Palestinese ha un potere evocativo e simbolico nel mondo arabo ed in particolare nel mondo radicale, come nessuna. Ha un potere pubblicitario e manipolatorio enorme. I palestinesi sono sempre stati utilizzati dai Paesi arabi, che però sono i primi a trattare la causa palestinese in modo strumentale e non profonda. Qualora le azioni di Israele fossero violente e con un supporto internazionale esplicito, è logico che le organizzazioni terroristiche avrebbero un motivo per lanciare una chiamata alle armi. Una nuova jihad. Ma non ci deve preoccupare solo l’iniziativa di gruppi strutturati. Ci deve preoccupare anche l’azione di individui che potrebbero fare iniziative personali. Il classico terrorismo del lupo solitario. O come viene chiamato negli Stati Uniti il lone wolf terrorism, per indicare i disagiati che prendono le armi e agiscono in solitaria”.

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