Dopo i picchi obbligatori durante la pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto sono tornati a salire con reciproca soddisfazione
Secondo un recente rapporto, il 76,5% dei lavoratori preferirebbe continuare con il lavoro agile. Per il 66% dei datori di lavoro questa formula aumenta la produttività, mentre per l’80% degli occupati, in particolare le donne, migliora la gestione degli impegni privati e familiari. Apprezzato anche il risparmio di tempo sugli spostamenti.
Lo smart working è stato definito dalla legge n. 81/2017 dello Stato come una forma di organizzazione del lavoro che prevede l’assenza di precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro e l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività da remoto.
Era stata una delle soluzioni trovate dalle aziende per non far fermare la macchina produttiva durante la pandemia e tutta la fase di restrizioni. Lo smart working, molto utilizzato all’estero, era del tutto assente invece nel rapporto datore di lavoro – lavoratore in Italia. Le cause di forza maggiore hanno fatto scoprire a entrambe le parti in causa i lati positivi di lasciare, per un determinato periodo di tempo, il lavoratore eseguire le proprie mansioni da remoto. Infatti, dopo un graduale ritorno in presenza sul posto di lavoro, mano a mano che la situazione è tornata alla normalità, negli ultimi mesi molte aziende stanno offrendo la possibilità ai propri dipendenti di lavorare, alcuni giorni della settimana, da remoto. Una sorta di part time di presenza in ufficio, con reciproca soddisfazione. E secondo una ricerca dell’Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano, nel 2023 i lavoratori da remoto si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al pre-Covid. Nel 2024 si stima che aumenteranno a quota 3,65 milioni.
Anche se sono moltissime le aziende che ricorrono al lavoro da casa, rimane tuttavia ancora una grande fetta di mansioni considerate “non remotizzabili” (80%), soprattutto nelle piccole imprese. Nonostante questo, più della metà delle aziende, il 55%, che hanno sperimentato il lavoro da remoto vorrebbero continuare a utilizzarlo, e lo stesso vale per il 76,5% dei lavoratori. Sempre secondo il rapporto, per il 66% dei datori lo smart working aumenta la produttività, mentre per l’80% degli occupati, in particolare le donne, migliora la gestione degli impegni privati e familiari. Lo smart working, poi, aiuta l’ambiente, visto che due soli giorni a settimana di lavoro da remoto evitano l’emissione di 480 chilogrammi di Co2 all’anno a persona, grazie alla diminuzione degli spostamenti e il minor uso degli uffici.
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