Scolpita su una collinetta di calcare, la Sfinge di Giza è uno dei monumenti-simbolo della civiltà egizia. Aveva il ruolo di proteggere le tombe dei faraoni
Sono tra le opere più visitate al mondo e sicuramente tra quelle più “impressionanti”. Le piramidi egizie sono opere di ingegneria incredibili, tanto che ancora oggi gli scienziati non sono riusciti a stabilire con esattezza come sono state costruite. La loro forma è pura ed essenziale ed è regolata da precisi rapporti geometrici.
Secondo le credenze dell’epoca, con il passaggio alla vita ultraterrena, i faraoni egizi sarebbero divenuti delle divinità. Quindi la costruzione di templi dedicati e degli enormi sepolcri a piramide faceva parte della preparazione per l’aldilà e l’abbondanza di suppellettili era destinata a sopperire a tutte le necessità del sovrano nel corso del suo regno ultraterreno.
Una creazione ancora più particolare è la Sfinge di Giza, la più grande scultura monolitica al mondo, maestosa ed enigmatica, incarna il cuore dell’antico Egitto ed è la fusione unica tra la maestosità feroce di un leone e la saggezza umana, incorniciata dal tradizionale copricapo Nemes di un faraone. Il corpo è quello di un leone accovacciato, con le zampe anteriori distese in avanti, la coda appoggiata sulla coscia destra e la testa è umana con le sembianze di un faraone. Il corpo leonino e la testa umana simboleggiano l’unione tra la forza e l’intelligenza del dio solare Harmakhis, protettore della necropoli e al quale è associato il faraone. Nel tempo ha mantenuto intatta la sua maestosità nell’unione di forme umane e animali.
La risposta più recente arriva da un team di scienziati della New York University: il merito non è solo “umano”. Gli studiosi hanno simulato le stesse condizioni dell’epoca per dimostrare come il vento, erodendo le pareti rocciose, possa aver plasmato la forma della statua, per poi essere “rifinita” , così come la vediamo oggi, dagli esseri umani. Insomma, ipotizzano che la grande Sfinge possa aver avuto origine come un quasiasi yardang, attraverso un modellamento eolico che “dà vita”. E’ stato il vento a scolpire il terreno, costituito da diverse stratificazioni. Le creste allineate, che vengono chiamate “yardang” da una parola di origine turca che significa “cumulo dalle ripide pareti”, si formano in aree dove la forza erosiva predominante è il vento. Gli “yardang” sono comuni sulla Terra, di solito si trovano in zone molto aride. Gli studiosi hanno spiegato che “Esistono yardang che oggi assomigliano a animali seduti o sdraiati, il che supporta le nostre conclusioni. Il lavoro può anche essere utile ai geologi poiché rivela fattori che influenzano le formazioni rocciose, ovvero che non sono omogenee o uniformi nella composizione”.
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