Atac, Carabinieri, Polizia ma anche ministeri e organizzazioni. Il terrorismo viaggia in Rete, ma c’è un modo per difendersi.
NoName057(16), il nemico pubblico numero uno ora è lui. Un account determinato, sembra quasi il nome di un robot ma dietro ci sono persone vere. Hacker filo russi che, da giorni, prendono di mira l’Italia. Il motivo è il conflitto con l’Ucraina, lo Stivale ha mostrato la propria solidarietà al popolo colpito dagli attacchi di Putin.
Non è la prima volta che l’Italia mostra la propria vicinanza agli ucraini, ma qualche giorno fa Vladimir Zelensky ha incontrato Sergio Mattarella: meeting che ha stretto ulteriormente i rapporti fra i due Stati. Il Presidente della Repubblica ha ribadito a gran voce il ruolo dell’Italia. Solidarietà e soccorso.
Queste le parole chiave che hanno indispettito i russi, allora un gruppo di Web terroristi è intervenuto. Le nuove armi non colpiscono i corpi rendendoli inermi: attaccano il sistema. Anzi, i sistemi: oggi tutto è in Rete. Basta entrarvi per paralizzare un Paese e mettere a rischio dati sensibili e informazioni di chiunque.
Questo è quello che NoName057(16) ha cercato di fare: è prima entrato nei siti ATAC, Malpensa, Consob, Marina Militare, Areonautica e altre aziende di trasporto pubblico. Una vera e propria pesca di massa che colpisce i centri nevralgici in grado di tagliare le gambe (metaforicamente e non solo) a uno Stato.
La rivendicazione è avvenuta sui canali Telegram ufficiali: “L’Italia pensi a sè stessa, non all’Ucraina”, si legge. Parole forti che rendono bene le intenzioni di hacker professionisti volti a mettere a rischio la sostenibilità di un Paese avversario. Chi non sostiene la causa russa diventa un nemico.
L’Italia, in questo momento, è cerchiata di rosso e – secondo gli esperti di cybersicurezza – gli attacchi non sono finiti. I Servizi Segreti italiani non stanno a guardare: anche nello Stivale gli esperti hanno modo di arrivare prima per mettere in salvo i principali portali di riferimento. La tecnica di difesa, come spiegano, è semplice: si tratta di geofencing.
Localizzazione capillare e relativa esclusione di alcune zone ritenute a rischio. È possibile farlo calcolando i server principali: i russi si impossessano di server da diverse parti d’Europa e non solo e in un secondo momento dirottano gli accessi sui portali designati. Se il portale dell’ATAC o della Marina Militare viene preso di mira con accessi simultanei rischia il sabotaggio.
Si blocca e va letteralmente fuori uso. Quello che effettivamente è accaduto nei giorni scorsi. Allora le autorità hanno rintracciato la provenienza dei server e i rilevamenti sembrano arrivare dalla stessa zona, una volta individuata la porzione di territorio bloccare l’assedio telematico è relativamente semplice.
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Contorto, invece, è comprendere le tempistiche d’azione. I Servizi Segreti, in accordo con la cybersecurity, puntano alla prevenzione: arginare il fenomeno prima che si compia. Questa “battaglia”, tuttavia, non ha un unico campo e terreno di scontro. Ecco perché ogni potenziale attacco rappresenta una nuova sfida. Il nemico da cui difendersi, oggi, ha armi telematiche. In grado di far male tanto quanto quelle convenzionali.
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