Uno studio di un’Università australiana, ripreso dal Journal of General Psychiatry, evidenzia gli impatti che la musica ha sulle nostre capacità cognitive. Il risultato è chiaro
Cosa succede al nostro cervello quando ascoltiamo la musica? Che differenza c’è tra chi ogni giorno riesce a rilassarsi, sentendo il proprio gruppo o le proprie canzoni preferite, e chi invece non ascolta brani musicali o artisti? Uno studio di un’importante università ha svelato gli effetti della musica sull’organismo e sul cervello di chi l’ascolta.

E i risultati sono sorprendenti. Gli effetti dei brani musicali sulle nostre capacità cognitive e sullo sviluppo cerebrale sono sotto gli occhi di tutti. E si tratta di risposte positive. Lo studio è stato condotto dalla Monash University di Melbourne in Australia, che ha studiato per anni oltre diecimila persone, per lo più adulti over settanta, ed ha seguito in particolare la loro relazione con la musica. Allo stesso tempo è stato confrontato il declino cognitivo tra chi la ascoltava regolarmente e chi no.
Ascoltare musica fa bene al cervello. Ecco che succede al nostro sviluppo cognitivo
Lo studio ha mostrato dati inequivocabili: chi ascoltava quotidianamente la musica, aveva dei vantaggi decisamente più rimarcati rispetto agli altri. Chi riusciva a passare una fetta della propria giornata, coinvolto nelle sue canzoni preferite, riusciva ad avere uno sviluppo cognitivo decisamente migliore rispetto a chi invece faceva il contrario. I primi hanno mostrato nel tempo circa il trentanove per cento di rischi in meno di sviluppare delle caratteristiche forme di demenza. Inoltre, gli ascoltatori di musica hanno anche evidenziato molti meno problemi legati alla memoria.

Dati molto simili a quelli fatti riscontrare da chi suonava uno strumento: il trentacinque per cento di loro aveva evidenziato progressi dal punto di vista cognitivo e molti meno problemi di memoria. Le persone anziane che hanno sempre avuto un rapporto stretto con il mondo della musica, hanno evidenziato una migliore capacità cognitiva. La ricerca è stata pubblicata sull’International Journal of General Psychiatry ed ha evidenziato che, in termini globali, gli anziani che erano in grado di combinare le due attività musicali avevano capacità mentali, di ragionamento e pianificazione ancora migliori, sia pure non statisticamente quantificate. I problemi maggiori sono stati riscontrati negli Stati Uniti. Un’indagine condotta negli States su persone tra i 50-80 anni ha mostrato che circa il dodici per cento degli intervistati ha confermato di non ascoltare affatto musica, citando mancanza di tempo, interesse o difficoltà fisiche (es. udito, mobilità).
E proprio gli Stati Uniti si sono registrati i numeri più alti di persone che hanno evidenziato segnali di demenza senile: oltre sette milioni. La statistica ha confermato che in America oltre il 42 per cento della popolazione over 55 ha mostrato segnali di questo tipo. Joanne Ryan, professore alla Monash university e autore dello studio ha osservato: “Sempre più prove scientifiche suggeriscono che le demenze non sono solo legate all’invecchiamento e alla genetica, ma che lo stile di vita può influenzarne e prevenirne lo sviluppo”. Dall’indagine è inoltre emerso che i benefici della musica sembrano più significativi tra gli individui con alti livelli di istruzione rispetto agli altri.





