Scontri in Parlamento, l’opposizione blocca il voto e accusa il governo. A Belgrado, una crisi politica senza precedenti.
L’incidente è solo l’ennesimo capitolo della profonda crisi politica che sta scuotendo la Serbia. Una crisi che nasce contro la corruzione e la mancanza di trasparenza da parte del governo.
Da mesi il Paese è travolto da proteste anticorruzione, scatenate dal crollo di una pensilina in cemento nel nord della Serbia, avvenuto a novembre, che ha causato 15 morti. Il disastro, secondo i critici, è l’ennesima prova di un sistema marcio e corrotto.
Il Parlamento serbo si trasforma in un campo di battaglia. Tre parlamentari sono rimasti feriti dopo che nell’Aula è scoppiato il caos, con lancio di fumogeni e scontri. La tensione è esplosa mentre i legislatori si preparavano a votare una legge per aumentare i finanziamenti all’istruzione universitaria.
L’opposizione, però, ha inscenato una dura protesta, dichiarando illegale la sessione e chiedendo che prima fossero ufficializzate le dimissioni del premier Milos Vucevic e del suo governo.
Vucevic ha annunciato le dimissioni a gennaio, ma il Parlamento deve ancora ratificarle per renderle effettive. Nel frattempo, il governo tenta di resistere con ogni mezzo, mentre le opposizioni denunciano abusi di potere e un Paese sull’orlo del collasso democratico.
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