Cecilia Sala è ancora prigioniera in Iran: le trattative per il suo rilascio sono bloccate. Tutto dipende dalla posizione di Abedini.
Doppio filo per un solo destino. L’arresto di Cecilia Sala, giornalista de Il Foglio e podcaster di Chora Media, è stato reso noto dopo 9 giorni. Così come la sua detenzione nel carcere di Evin a Teheran. Obiettivo: cercare di trovare una risoluzione in tempi rapidi. La diplomazia italiana si è impegnata battendo anche terreni non convenzionali, con gli 007 dello Stivale pronti a intavolare una trattativa, ma il rilascio ancora non avviene.
La cronista era stata prelevata dal suo albergo e le accuse di “condotta illegale” hanno fatto il resto. In attesa di apprendere motivazioni più specifiche e dettagliate, la donna 29enne ha confermato di essere in salute, è riuscita a parlare con alcuni rappresentanti della diplomazia italiana e ha persino fatto arrivare notizie ai familiari.
Questo tramite una rete di contatti attivi da giorni, dato che il carcere di Evin è di massima sicurezza. La trattativa per il rilascio, tuttavia, ancora non si sblocca: il motivo, secondo quanto si apprende dalle prime ricostruzioni, è legato al futuro di Mohammad Abedininajafabani. Ingegnere 38enne, accusato negli Stati Uniti di associazione per delinquere, violazione delle leggi sulle esportazioni e sostegno a organizzazioni terroristiche.
Attualmente ha il doppio passaporto, svizzero e iraniano, se definitivamente condannato rischia l’ergastolo. Le ricostruzioni dagli Stati Uniti confermerebbero che l’uomo avrebbe creato una società schermo con cui stava acquistando droni per rivenderli attraverso canali particolari. I quali potrebbero ricondurre ai pasdaran dei Guardiani della Rivoluzione. I dispositivi in questione sarebbero stati usati durante l’attacco in una base militare in Giordania, a perdere la vita in quell’occasione sono stati 3 Marines.
Abedini, come viene chiamato da giorni, è stato fermato all’aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre. L’arresto di Cecilia Sala formalizzato 3 giorni più tardi. Al centro di quest’intreccio una possibile operazione interforze che coinvolge Fbi, Digos e Polizia di prevenzione. Teheran vuole ottenere il rilascio del 38enne e la cronista Sala potrebbe essere usata come pedina di scambio: la chiave per la liberazione della 29enne potrebbe essere il respingimento della richiesta di estradizione presentata dagli Stati Uniti.
Un filo rosso che collega Iran, Stati Uniti e Italia. Abedini, infatti, è attualmente detenuto presso il carcere di Opera, dopo il passaggio obbligato a Busto Arsizio e Rossano Calabro. Sempre all’interno di istituti penitenziari. 40 giorni – il periodo necessario per fornire tutta la documentazione che confermi il trasferimento in America di Abedini – decisivi in cui ogni ora può essere determinante in un senso o nell’altro. La giornalista Sala è al bivio in questo grande braccio di ferro.
La certezza, entro cui si sta cercando di lavorare, è la difficoltà italiana a non autorizzare l’estradizione per il 38enne qualora la burocrazia venga risolta senza ostacoli. Dunque il tempo stringe e una soluzione definitiva sembra lontana. L’unico terreno fertile, al momento, in grado di portare alla risoluzione condivisa di quello che – a tutti gli effetti – è un incidente diplomatico è il doppio passaporto di Abedini: in un procedimento che prescinde dalla possibilità di estradizione, le autorità italiane potrebbero consegnare l’ingegnere ai colleghi elvetici.
La Svizzera, infatti, è un Paese satellite con cui gli Stati Uniti mantengono i rapporti con l’Iran. A questo punto per Abedini potrebbero scattare gli arresti domiciliari e Cecilia Sala potrebbe ritrovare la via di casa. Situazione auspicabile, ma non ancora possibile per via del precedente con l’imprenditore russo Artem Uss: l’uomo è fuggito dai domiciliari in attesa della richiesta di estradizione da Washington.
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Gli equilibri restano delicati e sarà necessario lavorare di concerto fra strategia e tempestività. Intanto la famiglia della giovane cronista ringrazia le istituzioni italiane per il sostegno ricevuto. Il Ministro degli Esteri Tajani è in prima linea su questa vicenda che sta entrando nella sua fase più calda: ogni momento può essere decisivo, ma scegliere quale viatico intraprendere diventa fondamentale in questo fine anno da destini incrociati.
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