Un signore di sessant’anni è costretto quasi a mendicare per potersi curare dalla malattia, tutto questo a causa della burocrazia
La “burocrazia può anche uccidere”. Una frase dura, che si dice spesso per far capire quanto è contorta e complicata nel nostro paese, ma nel caso del signor Michelangelo Perla, purtroppo, è molto vicina alla realtà.

Ci sono storie che fanno tenerezza e altre, tante altre che fanno arrabbiare e, probabilmente, anche qualcosa di più. Di drammi ne è pieno il mondo, soprattutto se si considerano le zone di guerra, ma quando si vive in un paese civile e moderno come l’Italia e accadono situazioni come quelle che sta vivendo Michelangelo Perla, allora cade tutto o quasi.
Non è ammissibile che in un paese come l’Italia ci siano ancora situazioni così gravi e così dominanti nel dramma. Il signor Michelangelo sono sei anni che combatte contro un tumore e, seppur con fatica e sofferenza, si stava curando. Il problema è che il povero Michelangelo è da quasi uno che lotta contro la burocrazia.
Per la burocrazia sospende le cure per il cancro
Il povero signor Perla, ha 60 anni ed è un malato oncologico che da un anno, bene o male, ha perso la pensione d’invalidità che aveva ottenuto per un intervento allo stomaco e una conseguente diagnosi di embolia polmonare a causa della quale non può più lavorare e non può garantirsi un’entrata mensile ed è per questo che aveva ottenuto la pensione. “Sono stato costretto a sospendere le cure oncologiche” le parole dell’uomo che non sa più cosa fare.
Si è messo in questa situazione e non sa più come uscirne, tanto da andare ogni giorno davanti al Municipio di Piazza Armerina in provincia di Enna per protestare e far capire la sua condizione precaria, ma nessuno lo ascolta e nessuno delle istituzioni gli tende la mano. A farlo sono le persone comuni, dal farmacista, all’alimentari e a tutte le persone che possono.

Una protesta silenziosa, quella di Michelangelo Perla, ma forte e potente. La pensione era minima, 600 euro al mese o poco di meno, ma per il 60enne, che spiega la sua condizione al giornale “La Sicilia” “mi permetteva di vivere senza dover chiedere nulla a nessuno“. Una somma piccola ma per lui andava bene e gli consentiva di vivere e di stare bene e badare a se stesso, ma gli è stata revocata per motivi burocratici che sono ora al centro di un ricorso al giudice del lavoro, promosso grazie all’assistenza legale gratuita.
L’udienza finale c’è a fine novembre, ma nel frattempo Michelangelo è rimasto senza alcuna forma di sostegno. Si è rivolto al Comune per ottenere un contributo dal settore della solidarietà sociale, ma anche in questo caso i risultati sono stati del tutto insufficienti.