Roberta Bruzzone continua a non avere dubbi sul delitto di Garlasco e spiega che cosa sta accadendo anche all’interno dell’opinione pubblica.
Il delitto di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di Garlasco, in provincia di Pavia, è tornato da mesi a tenere viva l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, nonostante da quella morte terribile siano passati quasi 19 anni di distanza. La recente diffusione di una presunta nuova impronta, vale a dire una traccia di calzatura insanguinata rinvenuta sulle scale della casa della vittima, ha riacceso il dibattito, ma non convince tutti.
In particolare, ha dimostrato davvero poca convinzione la criminologa Roberta Bruzzone, che già nelle scorse settimane si era espressa sull’indagine a carico dell’ex pm di Pavia, Venditti, e oggi a Fanpage.it continua a ribadire che rispetto a quello che hanno appurato indagini e processi a suo tempo, nulla sembrerebbe proprio essere cambiato. La nota criminologa, presenza fissa in tanti programmi tv, ha risposto con durezza alle affermazioni degli inquirenti.
In particolare, Roberta Bruzzone si è espressa con forti perplessità sulla nuova presunta prova, per poi ribadire che la lettura fatta dagli investigatori è una forzatura rispetto agli elementi reali della scena del crimine e rischia di manipolare la percezione del pubblico invece di chiarire i fatti. Tutto ruota intorno a questa impronta, che sarebbe compatibile con una già nota traccia 33 e, secondo alcuni tecnici, potrebbe rimandare ad Andrea Sempio.
Il giovane uomo, come noto, è indagato dalla procura di Pavia nell’ambito della riapertura delle indagini e anche suo padre è finito nei guai con l’accusa di corruzione. Ma per Bruzzone, questa ultima impronta non ha né l’aspetto né la dinamica che la renderebbero riconoscibile come orma di calpestio, e ha invitato a una maggiore cautela scientifica nell’interpretarla. Una presa di posizione che va in direzione contraria rispetto anche ad alcune certezze mediaticamente emerse.
La criminologa ha evidenziato come se si accettassero elementi così fragili come prove, si rischierebbe di “buttare via il rigore metodologico”, con conseguenze pericolose per la percezione pubblica della giustizia e dell’accuratezza delle indagini. Poi torna su un punto fermo per la sua visione dei fatti: non ci sono al momento elementi scientifici o probatori tali da ribaltare la lettura consolidata della vicenda che individua Alberto Stasi come responsabile.
Secondo Roberta Bruzzone, in definitiva, la condanna di Stasi non si basa su “una singola prova regina”, ma su un complesso di indizi e valutazioni che, nel giudicato, hanno portato alla decisione dei giudici. Quindi arriva anche la sua presa di posizione su una possibile richiesta di rinvio a giudizio per Andrea Sempio, definendo la strada processuale piena di criticità giuridiche e tecniche che verranno discusse davanti a un giudice competente.
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