Uno studio di esperti, professori universitari e medici, è seriamente preoccupato: chi utilizza in modo continuativo l’Intelligenza Artificiale corre un serio rischio
Alleato strategico o nemico da combattere? Una possibilità concreta in ambito lavorativo o un mostro che può portare alla perdita di posti di lavoro? Sull’utilità dell’Intelligenza Artificiale sono nati dubbi e perplessità. Ma oltre l’aspetto lavorativo, esiste un altro dubbio ancora più pesante, che è stato tirato in ballo da un gruppo di esperti. Quanto influisce l’utilizzo dell’AI sul cervello delle persone? Quali problematiche può portare a livello cognitivo?
Tutto nasce da una semplice domanda che il MIT (Massachusetts Institute of Technology) si è posta: quale è stata l’ultima cosa che avete chiesto fare ad un chatbot di intelligenza Artificiale? La struttura di un saggio, un’analisi approfondita, una lettera di presentazione per un posto di lavoro, un articolo di un giornale, un compito in classe o un qualsiasi altro lavoro?
Una domanda che ne nasconde un’altra, ben più chiara: delegare ad un computer dei compiti che prima venivano realizzati manualmente, può portare ad un serio rischio per il nostro cervello? Si può perdere la capacità critica e la possibilità di risolvere dei problemi? Utilizziamo in modo minore il nostro cervello quando ci troviamo di fronte a dei problemi? Lo studio pubblicato dall’Istituto statunitense è piuttosto chiaro e regala una fotografia veritiera della situazione. Secondo gli esperti, l’utilizzo massiccio dell’Intelligenza Artificiale ha portato ad una minore attività nelle reti cerebrali associate all’elaborazione cognitiva durante l’esercizio.
Lo studio ha mostrato in modo chiaro che, gli utenti che usavano con costanza l’Intelligenza Artificiale non erano in grado di citare i contenuti dei propri saggi con la stessa facilità di chi non l’aveva usata. I ricercatori hanno dichiarato che lo studio evidenzia “l’urgente questione di esplorare una possibile diminuzione delle capacità di apprendimento”. I partecipanti al test, realizzato dal MIT e dalle Università che sono state coinvolte, sono stati monitorati tramite elettroencefalogramma (EEG). Tra i “prompt” utilizzati figuravano richieste di riassumere domande, trovare fonti e affinare grammatica e stile. L’IA è stata usata anche per generare idee, sebbene alcuni utenti l’abbiano ritenuta poco efficace in questo compito.
Parallelamente, la Carnegie Mellon University e Microsoft (che gestisce Copilot) hanno scoperto che le capacità di problem-solving potrebbero diminuire se si diventa troppo dipendenti dall’IA. È stato condotto un sondaggio su oltre trecento impiegati che utilizzano strumenti di IA almeno una volta a settimana. Sono stati esaminati 900 esempi di compiti affidati all’IA, dall’analisi dei dati al controllo del rispetto di specifiche regole. Lo studio ha rilevato che una maggiore fiducia nelle capacità dello strumento è correlata a un “minore sforzo nel pensiero critico”. La traduzione è semplice: più si utilizza un cervello elettronico per risolvere i problemi e creare testi, meno si sviluppa quello umano.
I ricercatori hanno lanciato l’allarme, evidenziando che, sebbene l’IA generativa possa migliorare l’efficienza, rischia di inibire l’impegno critico e portare a una dipendenza a lungo termine, indebolendo la capacità di risolvere problemi in modo indipendente. Anche gli studenti nel Regno Unito sono stati oggetto di una ricerca pubblicata a ottobre dalla Oxford University Press (OUP). Sei studenti su dieci ritengono che l’IA abbia avuto un impatto negativo sulle loro competenze legate al lavoro scolastico. Con l’esplosione massiccia dell’uso dell’IA, le nostre abilità cognitive sono davvero a rischio di declino?
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