Uccide la madre preparandole del tè avvelenato, la figlia ammette: “Non so se sono davvero pentita di quello che ho fatto”
Si ritorna a parlare nuovamente di uno degli episodi di cronaca nera che ha sconvolto la città di Ferrara. Era il 27 luglio del 2022 quando in via Ortigara, all’interno di una abitazione, si era consumato un vero e proprio omicidio. Vittima una donna di 61 anni, Sonia Diolaiti. Una morte orribile per quest’ultima: morta dopo aver bevuto del tè avvelenato. Una pozione tossica che è stata messa dalla figlia Sara Corcione, anni 39.
Le accuse nei suoi confronti sono inevitabilmente gravi visto che si parla di omicidio premeditato aggravato dal vincolo di parentela. A quanto pare la donna ha messo del nitrito di sodio diluito nella bevanda, risultato fatale per la madre. Proprio pochi giorni fa, precisamente il 15 febbraio, la figlia ha ricostruito in aula il suo diabolico piano che ha portato alla morte della 61enne. Il suo obiettivo era quello di liberarsi, una volta e per tutte, di lei. Il rapporto non era affatto dei migliori. Ai giudici ha rivelato di non avere più un dialogo autentico con lei e che ogni discussione finiva male.
Il tutto si verificò verso la fine del mese di luglio, ma il corpo senza vita della donna venne scoperto solamente qualche giorno più tardi. A lanciare l’allarme altre due donne, anche in questo caso madre e figlia, che si erano recate dai carabinieri. Ai militari dell’arma avevano rivelato di essere molto preoccupate visto che la 61enne non rispondeva al cellulare e che sarebbero dovute partire insieme per le vacanze. Insomma, uno strano silenzio che aveva insospettito anche le stesse forze dell’ordine.
Poi la tragica scoperta. Dinanzi ai giudici la colpevole ha ammesso di non avere mai avuto un rapporto piacevole con la madre. “Mi dava ordini ed io ubbidivo. Avevo paura delle sue reazioni. Aspettavo che ritornasse da una gita sul lago di Garda con una amica. Sapevo che quella sostanza avrebbe potuto ucciderla, per questo l’ho usato. Avrei potuto farlo anche prima“. Un piano ben studiato e provato: nell’acqua il colore diventava giallo, con il tè alla pesca non avrebbe visto alcuna differenza.
Sostanza messa nella caraffa e riportata nel frigorifero (dopo essere andata pima sul terrazzo perché aveva paura di intossicarsi). Verso la mezzanotte riceve la telefonata della madre che le chiedeva aiuto visto che il tè avvelenato aveva iniziato a fare effetto. Disse che sarebbe andata da lei per aiutarla, ma aveva preferito dormire. Di questa orribile vicenda se ne riparlerà nuovamente il 29 febbraio in aula.
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