Dal lavoro alla sicurezza, una scelta che può riscrivere le regole. I quesiti cruciali del Referendum e gli obiettivi.
Appuntamento per domenica 8 giugno (dalle 7 alle 23) e per lunedì 9 giugno (dalle 7 alle 15). Le date e gli orari per cui gli
elettori italiani sono chiamati al voto su 5 referendum abrogativi. Quattro di questi sono promossi dalla Cgil. I riferimenti sono ai temi del lavoro, dai licenziamenti nelle grandi e nelle piccole aziende, passando per i contratti a termine, gli appalti. Un quinto quesito è promosso da +Europa ed è sul tema della cittadinanza italiana.
I risultati del Referendum, saranno validi solo se verrà raggiunto il tanto citato quorum, ovvero se avrà votato il 50% più uno degli aventi diritto. Chi vota sì, si esprime per la cancellazione delle norme oggetto del quesito, chi vota no per mantenerle valide.
Il referendum sulla scheda verde mira ad abrogare il Decreto Legislativo 23 del 2015, parte del Jobs Act, che regola le tutele contro il licenziamento illegittimo per i dipendenti assunti dopo il 7 marzo 2015 in aziende con più di 15 addetti. Se il Sì vincerà, questi lavoratori vedranno applicate le norme della Legge Fornero del 2012. Ciò significherebbe un maggior numero di casi in cui è previsto il reintegro nel posto di lavoro, seppur limitatamente. Tuttavia, un aspetto fondamentale da considerare è che l’indennizzo massimo in caso di licenziamento illegittimo, attualmente fino a 36 mensilità con il Decreto 23, scenderebbe a 24 mensilità con l’applicazione della Legge Fornero. Questa modifica rappresenta un punto cruciale per i lavoratori e le aziende.
Con la scheda arancione, si valuta l’abolizione delle norme che delineano un tetto di sei mensilità per l’indennizzo nel caso di un licenziamento illegittimo dei lavoratori delle piccole imprese e di 14 mensilità per chi lavora nelle aziende con non più di 60 persone. Con la maggioranza di sì, il giudice potrebbe stabilire un risarcimento superiore a questi tetti. I giuslavoristi sono divisi sul tema.
Il referendum propone l’abrogazione dell’articolo 19 del Decreto Legislativo 81/2015, che attualmente permette contratti a tempo determinato fino a 24 mesi senza obbligo di causale per i primi 12 mesi. Se il “Sì” vincerà, le aziende saranno obbligate a specificare le causali (le ragioni oggettive del contratto a termine, come previsto dai contratti collettivi) fin dal primo giorno di assunzione, anche per contratti di durata inferiore ai 12 mesi. L’obiettivo dei promotori è limitare l’uso dei contratti a termine, mentre chi si oppone teme che questa restrizione possa portare a meno assunzioni da parte delle aziende.
La “scheda rossa” del referendum punta ad abrogare il comma 4 dell’articolo 26 del Decreto Legislativo 81/2008. Questo articolo, attualmente, esclude la responsabilità solidale tra l’impresa committente e l’azienda appaltatrice o subappaltatrice per gli infortuni derivanti dai “rischi specifici” dell’attività di quest’ultima. In pratica, se il “Sì” vincerà, la responsabilità solidale si estenderà anche a questi “rischi specifici”. L’obiettivo dei promotori è ridurre al minimo le morti bianche (infortuni mortali sul lavoro). Chi si oppone, invece, teme che questa modifica possa rallentare o bloccare i lavori per le maggiori responsabilità a carico delle imprese.
Il quesito numero 5 è sulla cittadinanza italiana. Si chiede di abrogare l’articolo 9, comma 1 legge 5 febbraio 1992, n. 91 solo nella parte sul tempo minimo di residenza legale in Italia, pari a dieci anni. Se dovesse vincere il Sì, il tempo minimo richiesto si dimezza e lo straniero che risiede legalmente in Italia senza interruzioni da almeno 5 anni può richiedere la cittadinanza italiana, come avveniva prima del 1992.
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