Una recente sentenza cambia tutto sul mantenimento dei figli e gli assegni. Ma chi festeggerà e chi penalizzerà la sentenza?
La questione del mantenimento post divorzio è spesso oggetto di scontri tra i due coniugi che hanno ottenuto la separazione. Le leggi italiane hanno sempre cercato di tutelare tutte le parti coinvolte nella dissoluzione del matrimonio per cercare di mantenere lo stesso tenore di vita del matrimonio. Una tutela particolare ce l’hanno i figli, che hanno diritto di essere assistiti moralmente ed economicamente da entrambi i genitori.
I diritti dei figli dei genitori separati, infatti, non possono essere diversi da quelli che hanno genitori sposati e i genitori divorziati non possono attuare negazioni ai figli solo perché si sono separati. Il mantenimento, infatti, si basa sul principio di uguaglianza dei figli a prescindere dall’unione dei genitori e si traduce in un diritto eguale di essere mantenuti, istruiti e assistiti moralmente da entrambi i genitori, anche dopo la maggiore età e finché non saranno completamente autonomi.
La Cassazione ha voluto rivedere i diritti e doveri dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli, da sempre oggetto di scontri da parte dei genitori, anche se la legge obbliga entrambi i genitori ad occuparsi dei bisogni dei loro discendenti. I giudici hanno voluto chiarire però l’aspetto economico dei genitori dei figli, in quanto spesso la difficoltà ad farsi carico di queste obbligazioni, è dovuto a ragioni economiche.
Una recente sentenza della Cassazione, la numero 2536 ha stabilito che il Giudice, in tema di mantenimento dei figli, deve seguire il principio di proporzionalità. Vale a dire che quando è finito il matrimonio o la convivenza tra i genitori, esso deve decidere che il contributo dato ai figli per il mantenimento deve tenere conto delle misure economiche di entrambi. Ciò significa che bisogna fare una valutazione comparata dei guadagni di entrambi i genitori, oltre che le esigenze del figlio dei separati.
Il principio di proporzionalità si connota dunque nei rapporti tra i genitori. Va valutato inoltre il tempo di permanenza del figlio presso uno dei due genitori e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno dei genitori, per fare una valutazione sul mantenimento ai figli. In particolare sui tempi di permanenza, nella quantificazione dell’ammontare del contributo dovuto al genitore non collocatario, per il mantenimento del figlio si osserva il principio di proporzionalità.
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