Preti, suore e frati dedicano le loro vite al servizio religioso, ma come tutti percepiscono uno stipendio: quanto guadagnano?
La vita di preti, frati e suore non è di certo un’esistenza basata solo su preghiere e opere caritatevoli, ma è un vero e proprio lavoro che genera dei guadagni, in molti casi veri e propri stipendi. Per i ministri del culto la vita dedicata agli altri e alla fede è una vera missione, ma vocazione a parte, chi sceglie questa strada deve essere supportato in qualche modo dal punto di vista economico.
Nel mondo ecclesiastico esistono ruoli, responsabilità e gerarchie come in qualsiasi altro settore lavorativo. La posizione, l‘anzianità maturata nel ruolo e il prestigio conquistato nella scala gerarchica determinano anche il compenso che l’ecclesiastico in questione riuscirà a percepire, calcolato in maniera precisa. Di seguito nel dettaglio le cifre.
Non è sempre chiaro quanto guadagnano suore, frati e preti e chi paga i loro stipendi. Il guadagno di un prete varia notevolmente in base al loro ruolo e all’esperienza accumulata durante la carriera ecclesiastica. Un sacerdote può contare su uno stipendio fisso che si aggira intorno dai 1.000 ai 1.200 euro al mese per i parroci che hanno più responsabilità. Naturalmente anche i preti possono far carriera e ambire al posto di vescovo, arcivescovo, cardinale e monsignore. Più ci si alza di grado, più aumentano i compensi. Un vescovo, ad esempio, può guadagnare 3 mila euro al mese; un cardinale 5 mila euro.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli stipendi dei preti non sono pagati né dal Vaticano né direttamente dallo Stato italiano. Sono coperti fondamentalmente da tre istituti: le donazioni, che coprono il 10% delle necessità economiche dei preti; da redditi diversi da quelli religiosi per altro titolo (ad esempio gli insegnanti di religione nelle scuole) e l’8 per mille dei contribuenti. I compensi vengono erogati dall’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC), un organo interno della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Ogni Diocesi fa riferimento a un istituto locale speciale per il sostentamento del clero, il quale si rivolge all’ICSC per ottenere l’erogazione del compenso. I sacerdoti sono tenuti a comunicare all’istituto di riferimento le loro entrate, le attività e l’anzianità di servizio, fattori che influenzano la composizione del loro reddito.
La situazione di suore e frati è differente. Avendo fatto voto di povertà e obbedienza non hanno uno stipendio fisso. Per loro non è previsto un vero e proprio guadagno a meno che non svolgano precisi compiti e lavori all’interno della comunità ecclesiastica. Ci sono, ad esempio, suore che percepiscono un guadagno fisso mensile perché impegnate come insegnati, educatrici, infermiere o altro. In questo caso l’entità dello stipendio è stabilita da contratto nazionale a seconda della categoria lavorativa afferente.
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