Parla l’ultimo segretario del partito comunista italiano e primo del Pds e spiega la sua opinione su quanto sta accadendo nel mondo durante il conflitto israelo-palestinese
Le proteste e le manifestazioni per la Palestina che ci sono in giro per l’Europa stanno creando non pochi problemi. Non perché non si possa protestare per la libertà e la pace in Palestina, ma perché alcune di queste manifestazioni incensano e sembrano dare sostegno al gruppo di Hamas. Centomila persone a Londra, migliaia a Francoforte e a Milano, centinaia a Torino, e non solo. Tutte piazze pro–Palestina, organizzate da associazioni, ma anche in alcuni casi da partiti della sinistra, ma gli slogan a favore di queste persone che stanno soffrendo in alcune circostanze sono ambigui, con qualche pericolo che si scivoli verso l’Antisemitismo.
Una cosa che sta suscitando parecchie irritazioni e se ne è accorto anche Achille Occhetto, ultimo segretario del Pci, primo segretario del Pds dopo la famosa svolta del partito di sinistra e al Foglio l’ex segretario spiega il suo punto di vista: “Il problema che si impone oggi ai nostri occhi non è stato affrontato dal punto di vista culturale dalla classe politica, a differenza che negli anni della Prima Repubblica. Da qui il caos e l’ambiguità che portano addirittura a non distinguere tra Hamas e Palestina. Non si può avallare la confusione e la sovrapposizione tra critica al governo di Netanyahu e attacco agli ebrei in quanto ebrei”.
Occhetto non trascura il problema, nemmeno che tanti giovani che parlano di Palestina libera vengano da sinistra, ma poco sanno di quello che è stato il percorso di tanti anni fa che ha tracciato la linea tra Israele e Palestina con tante volte che le due fazioni sono state vicine a una vera e propria pace, ma che poi non è durata granché. La scrittrice Lia Levi parla di un antisemitismo che cresce troppo in Europa e che si corre il rischio di una nuova Shoah.
Occhetto sul tema non transige: “Si può essere a favore del popolo palestinese senza essere antisemiti. E lo dico tanto più venendo da una famiglia che negli anni della Shoah ha ospitato una giovane ebrea perseguitata e avendo poi conosciuto sul campo Simon Peres e Yasser Arafat, nel corso del mio primo viaggio in Medio Oriente da segretario. Bisogna ricordare che nel 1975 l’Onu aveva adottato una risoluzione che definiva il sionismo una ‘forma di razzismo e di discriminazione razziale’”.
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