Il vicepresidente della Camera e deputato di Fdi attende di sapere come si muove l’Europa e poi si deciderà il da farsi
Si discute da anni su Mes, ratificarlo o meno. C’è chi fa il vago, chi invece prova a capire la situazione e dove si va. A scegliere, in qualche modo è l’Europa e l’Italia, prima di decidere, attende di vedere cosa succede e cosa si decide. Il dibattito è aperto da parecchio, non certo da adesso ma da anni. A pensarla in modo attendista è il vicepresidente della Camera di FdI, Rampelli, uno di quelli che non ha ami avuto paura di dire quello che pensava dell’Europa e di alcuni movimenti che ci sono attorno ad essa. E sul meccanismo europeo approvato da tutti gli stati Ue a eccezione dell’Italia, tende la mano e fa una piccola apertura: “Noi non siamo mai stati pregiudizialmente contrari”.
Un’apertura importante sembrerebbe da parte di uno che è all’interno di un governo che fino adesso ha fatto di tutto tranne che portare avanti una certa politica e approvare la ratifica del Mes, e Rampelli al Foglio spiega: “Se si approva? Vedremo. Serve un’interconnessione con altre cose”. Il messaggio è chiaro ed è di attesa.
E qui Rampelli spiega meglio il suo pensiero sul Mes e su tutto quello che sta accadendo attorno a questo tema: “Naturalmente non si può prescindere da una modifica del Patto di stabilità che garantisca un diverso quadro continentale. A quel punto, se la Ue lo considera indispensabile, preferibilmente con alcune modifiche, per esempio quella che democratizza lo strumento, non possiamo essere contrari, però va inserito in questo contesto”.
E riguardo a tutti quelli che osservano che il Governo stia usando il ritardo della ratifica per trattare con Bruxelles e trovare un altro tipo di accordi anche per conto di altri paesi, Rampelli con forza e un pizzico di mestiere osserva “Noi siamo una delle diverse nazioni che compongono quell’organismo sovranazionale che si chiama Unione europea, è giusto che una volta cedi e un’altra volta incassi, senza firmare cambiali in bianco penso, con il Mes il governo sta agendo così e credo che questa debba essere la modalità, che quasi mai è stata praticata nei decenni precedenti, con cui lo stato italiano debba relazionarsi con la Ue”.
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