In una intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica” è intervenuto Marco Vizzardelli, ovvero l’uomo del momento del nostro Paese
Oramai non si sta parlando d’altro se non di lui nel nostro Paese. Il suo grido alla Prima della Scala di Milano, dopo l’inno di Mameli, “Viva l’Italia Antifascista” sta facendo il giro della rete. Subito è scattata l’indagine da parte della Digos che lo ha immediatamente individuato. Si tratta di Marco Vizzardelli che, nel giro di pochissimo, è diventato un idolo dei social network. Ne ha parlato in una intervista rilasciata alla ‘Repubblica‘ del perché su quella frase, su quel grido e molto altro ancora.
Nel corso, appunto, di questa intervista ci ha tenuto a ribadire che è stata una cosa del tutto istintiva. Anzi, ha voluto smentire le voci che parlavano di un qualcosa di programmato: nulla del genere. Non si trattava affatto della prima volta che andava alla Scala visto che è un assiduo frequentatore (proprio come lo ha confermato lui). Anche se, al momento dell’inno di Mameli, qualcosa nella sua mente è scattato. In particolar modo quando ha visto l’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa, cantarlo.
Queste le sue parole: “Quando ho visto la Russa, con il busto di Mussolini, in casa non ho potuto fare altro che urlare quella frase. E’ del tutto lapalissiana. Anzi, sarebbe stato grave gridare il contrario. Il mio urlo è stato del tutto istintivo. Giorno dopo giorno ascoltavo le polemiche su Liliana Segre. Un qualcosa che non mi è affatto piaciuto“.
La presenza di La Russa alla Scala gli ha provocato un forte senso di disagio. Non lo nasconde Vizzardelli: “Non ce la potevo fare. Fascismo e razzismo non li sopporto. Sono stato in coda con tutti questi pensieri. Avevo pensato che ci volesse una protesta forte. Poi mi è scattato nella mente di urlare quella frase“.
Poco prima della Digos: “Alla fine del primo atto avevo già capito che qualcuno mi stesse guardando in maniera fissa. Da lì ho capito che si trattasse di un poliziotto in borghese. Alla fine del primo atto ha tirato fuori il distintivo ed in maniera molto educata mi ha chiesto di esibire i miei documenti. Non riuscivo a capire il motivo. Poi ne sono venuti altri quattro“.
Poi la battuta: “Gli ho detto che se avessi proferito la frase ‘Viva l’Italia fascista’ avrebbero avuto il diritto di portarmi via. L’ho buttata sul ridere ed anche loro, infatti, hanno riso“.
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