Hamilton approda in Ferrari: la prima foto a Maranello, di fronte alla casa di Enzo, nasconde significati precisi. I dettagli del vestito.
“Un giorno non ci sarò più, spero che le rosse continueranno a esserci anche dopo di me e che riescano a farsi onore su tutti i circuiti del mondo”. Queste le ultime parole di Enzo Ferrari prima di morire: un sogno, una speranza, la consegna del mito ai posteri. Quel cavallino, la Ferrari, ruggisce ancora da una speranza all’altra.
I sogni di Enzo Ferrari, oggi, a distanza di oltre 50 anni, sono quelli di Lewis Hamilton. Campione inglese destinato a guidare la monoposto per antonomasia in Italia, dopo più di 10 stagioni (12 per l’esattezza) in Mercedes. Vincere è l’unica cosa che conta, ancora meglio se l’acceleratore arriva da Maranello.
Il pilota ha dimostrato – nei primi giorni da pilota ufficiale della Rossa – di tenere moltissimo a questa nuova avventura. È possibile capirlo dai dettagli: non solo una semplice descrizione sui social, in cui l’automobilista rimarca quanto è stato importante per lui approdare a Maranello, ma anche una foto scelta accuratamente.
Hamilton dà le spalle alla casa di Enzo Ferrari: porte rosse, bandiera del Cavallino che sventola. Il campione inglese in abito scuro: serio, impaziente e rispettoso. Un’atmosfera uggiosa, ma non triste. Di quelle che segnano la storia. Pezzi di vita anche nella scelta del vestito: un ulteriore omaggio a papà Enzo Ferrari, che quella Scuderia l’ha fondata e messa sul tetto del mondo.
Giacca doppio petto, scura, soprabito in tinta e la serietà dei momenti solenni. Un richiamo a quell’eleganza e sobrietà professata da Ferrari: un Patron dalla spiccata inventiva e quel pizzico necessario di follia, quando si trattava di creare, costruire e mettere a punto macchine. Eleganza, compostezza e self-control quando quelle stesse macchine erano chiamate a rappresentare l’Italia.
Il piede sul pedale devono metterlo i piloti. Ferrari ci metteva competenza, faccia e garbo. Perchè il Cavallino è di tutti, ma non per tutti. Questo Hamilton l’ha capito bene. Infatti appena arriva a Maranello, poi passa subito a Fiorano, con gli stessi vestiti che ricordano il compianto proprietario della Rossa, saluta tutte le maestranze dicendo “grazie” in un italiano stentato.
Lui è il genio del volante, al punto da comprendere che da solo non arriverebbe da nessuna parte. Al traguardo arriverà con il supporto di una squadra di tecnici e meccanici che già lo ama. Impossibile fare diversamente per un’icona attesa da tempo. Ecco perchè, per il pilota britannico e gli ingegneri di Maranello, svegliarsi dai sogni è impossibile.
A Modena si ricomincia – ammesso che abbiano mai smesso – a parlare una lingua comune. Quella che prima di Hamilton hanno parlato i vari Villeneuve, Mansel e Prost. Fino a Michael Schumacher. Tutte persone che hanno visto la Ferrari da lontano e hanno imparato, attraverso importanti successi e significative cadute, ad apprezzarla ulteriormente da vicino.
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Vincere, sì, ma senza dimenticare la cultura della condivisione e l’obiettivo della sobrietà: chi trionfa non ostenta, lavora perchè accada di nuovo. In questo mantra c’è tutta la logica di Enzo Ferrari e l’abnegazione di Hamilton. Arriva, ringrazia e si mette al servizio della Rossa. Il resto lo dirà la pista, ma le premesse – subito dopo una inevitabile presentazione – sono ben chiare: il Cavallino deve continuare a galoppare e saperlo portare non è scontato. Un privilegio che pochi, dopo Enzo Ferrari, hanno saputo cogliere.
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