Bambino di 3 anni vittima di abusi sessuali da un supervisore doposcuola. Testimone muta per 6 giorni: è fallimento istituzionale
Un’accusa agghiacciante squarcia la fiducia nella sicurezza scolastica e scuote l’Istituto Notre-Dame di Anderlecht. Un bambino di appena tre anni sarebbe stato vittima di abusi sessuali per mano di un supervisore, un uomo che avrebbe dovuto garantirne la cura e la protezione durante l’assistenza doposcuola.

Il fatto, emerso solo grazie a indiscrezioni dei media belgi “Sudinfo” e “La Dernière Heure”, rivela non solo un crimine aberrante, ma anche un colpevole ritardo nella gestione dell’emergenza da parte del personale adulto. L’atto di violenza sarebbe avvenuto il 24 settembre, mentre il bambino era affidato alla cura del doposcuola. La vera bomba in questo scandalo è il tempo che è intercorso tra il crimine e la denuncia: quasi una settimana.
Stando a quanto ricostruito, l’abuso è avvenuto sotto gli occhi di una testimone adulta, un’assistente all’infanzia della scuola. Ma lo shock, o forse la paura, l’ha paralizzata: l’assistente sociale è rimasta in silenzio per sei lunghi giorni, incapace di denunciare l’accaduto alla direzione.
Un ritardo imperdonabile che solleva interrogativi devastanti sulla preparazione e sulla catena di comando all’interno delle strutture di assistenza. Quella che doveva essere una rete di sicurezza si è dimostrata una rete bucata, incapace di reagire con la prontezza richiesta dalla tutela di un minore.
Il vaso di Pandora: licenziamento e insabbiamento istituzionale
Solo il 30 settembre, a quasi una settimana dai fatti, la direzione dell’istituto è stata finalmente informata. La reazione, sebbene tardiva, è stata la minima dovuta. La scuola ha immediatamente allontanato il sospettato. L’aggressore, si è scoperto, non era un dipendente diretto dell’istituto, ma un supervisore che faceva capo a una “organizzazione partner esterna”.

Una circostanza che, pur non esonerando la scuola da responsabilità, apre la porta a dinamiche di scaricabarile istituzionale. La scuola ha sporto denuncia e il fascicolo è ora nelle mani della polizia e della Procura di Bruxelles.
Il tentativo di contenere lo scandalo è palese: una comunicazione ufficiale è stata inviata agli altri genitori solo il 5 ottobre, oltre dieci giorni dopo l’abuso. L’e-mail parlava genericamente di “sospetti di atti sessuali inappropriati che coinvolgevano un minore”, un linguaggio edulcorato che mal si addice alla brutalità dei fatti.
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L’istituto ha contattato il centro PMS per fornire supporto psicologico al bambino e alla famiglia, ma il danno morale e la rottura della fiducia sono ormai irreparabili. Questo scandalo non è solo la storia di un orribile crimine, ma la storia di come un sistema, quando messo sotto pressione, possa fallire nel suo compito più sacro: proteggere i più vulnerabili.