Il fantasma dell’intervista a Paolo Borsellino: la verità mancata tra mafia, politica e media

L’intervista a Paolo Borsellino non è solo un documento giornalistico. È una ferita aperta nella coscienza democratica italiana. 

Nel giorno del 33º anniversario della strage di via D’Amelio, emergono nuovi spunti sull’intervista presumibilmente “sparita” di Paolo Borsellino ai giornalisti francesi Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi. Un documento filmato due mesi prima dell’attentato, che tocca i rapporti tra mafia e politica nel contesto del nascente impero mediatico italiano.

Una strage che ha lasciato il segno
Oggi ricorre il 33esimo anniversario della morte di Borsellino cityrumors.it foto Ansa

Un’intervista rimossa Borsellino ricevette i giornalisti nella sua casa a Palermo il 21 maggio 1992, consapevole del rischio e della delicatezza dei temi trattati. Parlarono dei legami tra Vittorio Mangano, boss mafioso assunto da Berlusconi e Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia. L’intervista, destinata a Canal+, rimase misteriosamente inedita.

 

L’intervista a Paolo Borsellino: il punto di partenza e un silenzio inspiegabile

Il 21 maggio 1992, due giorni prima dell’attentato a Giovanni Falcone, Borsellino accoglie nella sua casa di Palermo due giornalisti francesi: Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi (alias Jean Claude Zagdoun). Il loro obiettivo era ambizioso: indagare sui legami tra Silvio Berlusconi, il boss mafioso Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia e collaboratore televisivo di Canal+. Nella sua agenda grigia, Borsellino annota già dal gennaio 1992 “F. Calvi”, segno che i preparativi erano in corso. Secondo il suo collaboratore Giovanni Paparcuri, il magistrato fece raccogliere tutto il materiale disponibile su Mangano e Dell’Utri prima dell’intervista.

Il filmato non fu mai mandato in onda. E quando Calvi pubblica nel 1994 il libro “L’Europa dei padrini”, lo fa con Mondadori, editore di Berlusconi, senza citare affatto l’intervista. Solo in una successiva edizione tascabile francese compare una postfazione che ne accenna brevemente. È il giornalismo a tradire la memoria? Secondo alcune fonti, tra il 1997 e il 1998 ci sarebbero stati tentativi di vendere il video. Michel Thoulouze, manager di Canal+ e amico di Berlusconi, racconta di un incontro in cui dissuase i giornalisti dal proporre un “ricatto”. A sua detta, Berlusconi rifiutò l’acquisto. “Io volevo dare a Berlusconi l’intervista, ma senza soldi” racconta. Il mistero si infittisce: fu censura? O autocensura?

Due stragi avvolte da riflessioni
Due stragi che la Procura ha percorso per anni cityrumors.it foto Ansa

Nel 2021, L’Espresso pubblica nuove rivelazioni: un emissario Fininvest avrebbe offerto un milione di dollari per insabbiare l’intervista. Calvi, prossimo alla morte, lascia intendere: “So chi è stato il traditore.” Ma la Procura di Caltanissetta, che aveva iniziato a indagare su queste dinamiche, interroga solo Leo Sisti, autore dell’articolo su L’Espresso. Michel Thoulouze, figura centrale, non viene mai ascoltato.

Nel 2009, Il Fatto Quotidiano pubblica la versione integrale in DVD. Una piccola vittoria per la memoria, ma troppo tardiva. Lo scoop, una delle ultime testimonianze di Borsellino, fu occultato proprio nel momento in cui avrebbe potuto riscrivere la narrazione pubblica. Anche altre interviste ignorate, come quella a Gianluca Di Feo nel 1992, cadono nel silenzio istituzionale. Tutti concentrati sulla pista “mafia-appalti”, nessuno ha il coraggio di affrontare il nodo politico-mediatico.

Gestione cookie