A Cesena una donna ha partorito e lasciato il neonato davanti ad un cassonetto. E’ indagata. Per le donne che non intendono tenere il neonato, esiste un’alternativa, che in poche conoscono. Ecco i diritti e le regole
Un dramma che riapre vecchie e mai cancellati dibattiti sulla necessità di coadiuvare e sostenere le giovani madre. Soprattutto quando si ritrovano ad affrontare gravidanze inattese e indesiderate. La vicenda che ha riguardato una giovane donna di 31 anni, che dopo aver partorito ha deciso di lasciare il neonato vicino ad un cassonetto dell’immondizia, ha fatto scalpore, e allarmato l’opinione pubblica.

La vicenda è avvenuta a Cesena: la 31enne, che secondo gli inquirenti viveva in un contesto particolare, di degrado familiare, si è resa protagonista di questo gesto sconsiderato: dopo aver affrontato il parto in completa solitudine, ha avvolto il neonato in una coperta e l’ha abbandonato. Non lontano dalla sua abitazione. Alcuni passanti hanno visto il bambino e chiamato immediatamente l’ambulanza. Le forze dell’ordine hanno impiegato poco a risalire alle generalità della donna.
Mamma e figlio sono stati trasportati d’urgenza all’ospedale Bufalini di Cesena, dove si trovano tuttora ricoverati: fortunatamente si troverebbero entrambi “fuori pericolo”. Secondo le prime ricostruzioni, per la donna è scattata l’ipotesi di reato: gli inquirenti mantengono ancora la massima riservatezza, ma hanno confermato un contesto familiare «particolarmente degradato». Al momento non risultano indagati il padre del bambino né altri familiari. I genitori dovrebbero essere sentiti oggi dagli investigatori.
I tristi precedenti: un fenomeno che spesso si ripete
L’abbandono di un neonato è un fenomeno che si ripete con troppa regolarità. Negli ultimi anni, nel nostro Paese si sono già verificati casi simili. E spesso con un epilogo ben più triste della vicenda attuale. Nel 2023 a Milano venne rinvenuta una neonata abbandonata in un cassonetto degli abiti usati, probabilmente già deceduta al momento del ritrovamento. Una statistica realizzata da un ospedale piemontese, ha confermato che nel 2023 solo dieci donne hanno partorito in anonimato negli ospedali torinesi e che gli abbandoni fuori dai percorsi protetti restano un’emergenza sommersa.

Casi che si moltiplicano in determinati contesti e che evidenziano condizioni di fragilità: famiglie che si dimostrano incapaci di garantire il sostegno necessario alle giovani che affrontano le gravidanze, problemi economici e assoluta non conoscenza delle alternative percorribili.
Come funziona il parto in anonimato?
In Italia esiste il diritto al parto in anonimato, che consente alla donna di partorire senza dover registrare subito il neonato, affidandolo ai servizi competenti. Un servizio che permetterebbe alle donne, che non hanno intenzione di tenere il neonato, di poterlo affidare, in assoluto anonimato, senza rischi per la salute: propria e del nascituro. Purtroppo sono proprio le associazioni ad evidenziare come siano in pochi a conoscere questo tipo di percorso: numerose gestanti non sanno che esistono degli strumenti idonei per poter partorire in sicurezza, anche se non si ha la voglia o la possibilità di mantenere il bambino. Tuttavia, come evidenziano le associazioni, la conoscenza di questo percorso è limitata e gli strumenti non sempre adottati.

Qualsiasi donna in gravidanza, indipendentemente dalla cittadinanza o dallo status sociale, può chiedere di partorire in anonimato: non è necessaria alcuna denuncia o autorizzazione preventiva. Il servizio sanitario deve accogliere la richiesta senza giudizio e il parto può avvenire in qualsiasi ospedale pubblico o privato convenzionato in Italia. Il tutto mantenendo l’assoluta privacy. Una volta nato, il bambino viene registrato all’anagrafe come figlio di madre ignota (e, se non indicato, anche di padre ignoto); è subito affidato ai servizi sociali e verrà accolto in una struttura protetta o affidato temporaneamente a una famiglia
 
					


