Condannato per l’omicidio di Meredith Kercher, quattro anni in carcere e poi assolto in via definitiva nel 2015 ora è un brillante e stimato ingegnere informatico: “Vite distrutte come quella di Alberto”
Storie parallele, storie italiane di malagiustizia o quanto meno approssimativa. Due giovani donne uccise a distanza di tre mesi l’una dall’altra, è il 2007, una è Chiara Poggi l’altra è Meredith Kercher, alcuni giovani coinvolti, coetanei sono Alberto Stasi che all’epoca aveva 24 anni, mentre Raffaele Sollecito 23. Per entrambi, che vengono coinvolti nella tragedia e considerati colpevoli, vite letteralmente distrutte. Alberto viene prima assolto due volte poi condannato a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi e tuttora in carcere, Raffaele Sollecito, prima condannato a 25 anni di reclusione poi assolto nel 2015 in via definitiva. Ora Raffaele è un brillante ingegnere informatico, specializzato nell’architettura del Cloud e in particolar modo del Cloud di Amazon ed è stimatissimo nel settore, tanto che lavora per molte aziende.

L’ingegner Sollecito lavora parecchio e appena finita una call, risponde gentilmente al telefono e, parlando, spiega quello che pensa su tante cose, in particolar modo sulla vicenda di Garlasco e diAlberto Stasi, un ragazzo condannato come lui e che ormai è diventato uomo: “So bene, molto bene quello che sta provando Alberto, per me è innocente, per quello che ho letto e sto leggendo, e dalla forte sensazione che ho anche per esperienza personale vissuta sulla mia pelle, in un certo senso è come se ci riconosciamo anche se non ci conosciamo. Mi dispiace tantissimo per quello che ha sofferto e per come sta soffrendo ancora tanto, quando sei privo della tua libertà e della tua vita è uno schifo“.
Raffaele Sollecito ha faticato non poco a rialzarsi e lo spiega con tanta passione: “Quando esci sei contento, soprattutto perché sai che non hai fatto nulla e finalmente tutto è finito, ma è anche vero che ti guardi dietro e vedi che il ragazzo che c’era prima ora non c’è più, è cambiato, è cambiata la sua visione di vedere le cose e per fortuna avevo la mia famiglia che mi ha aiutato e supportato in tutto, ma rialzarsi non è facile per niente, è durissima, tosta e mi auguro che Alberto Stasi riesca ad uscire nel più breve tempo possibile, ma quando uscirà non sarà semplice per niente. La rabbia e la rassegnazione di stare in un posto dove non è giusto essere quando sei innocente è devastante, non si può esprimere“.
“A me hanno provato a distruggere la vita ma mi sto rialzando, ad Alberto Stasi l’hanno disintegrata, si stava laureando come me…”
Sollecito ha letto e studiato un po’ quello che è successo a Garlasco e quello che coinvolge Alberto Stasi: “Vedo delle affinità sulla storia, come cose che vengono trascurate e il processo mediatico che pressa e insiste in determinate situazioni e direzioni, ma è a causa di come lavorano gli inquirenti ai quali della tua vita non interessa nulla, l’unico loro scopo era ed è quello di risolvere il caso, poi come non interessa…”
“Sulla scena del crimine dove è stata uccisa la povera Meredith – ha spiegato Sollecito – non sono state analizzate alcune cose che se fossero state fatte, io non ci sarei mai entrato nell’indagine e sto notando che anche a Garlasco, da quello che sta emergendo, mi sembra siano stati fatti alcuni errori. Da quello che leggo, tutte le cose che si stanno scoprendo su Sempio e altro, c’erano anche prima nel 2007 perché sono state lasciate stare? Perché l’obiettivo degli inquirenti è quello di chiudere le indagini il prima possibile, poi noi, ma credo anche Alberto, siamo stati travolti dal processo mediatico e ci sono state delle ingenuità da parte mia e su Garlasco vedo tante affinità e mi dispiace per Alberto, tantissimo“.

Raffaele Sollecito è un ingegnere informatico, specializzato nell’architettura del Cloud, un lavoro che lo appassiona e che gli dà tante gratificazioni, ma per arrivarci ha faticato tantissimo e diverse cose le rivede in Stasi anche se quest’ultimo sono oltre dieci anni che è in carcere: “Ma come si fa ad arrivare ad una situazione del genere, a non essere scrupolosi quando c’è la vita delle persone in mezzo, sono molto contento per il coraggio che sta dimostrando la Procura di Pavia che sta mostrando una grande volontà di trovare giustizia, il problema è che ci sono inquirenti che hanno giustamente lo scopo di trovare il colpevole ma se non arriva in tempi produttivi, allora si va nella direzione che tutti vogliono e che desiderano ma spesso anche senza prove schiaccianti o comprovate da esami scientifici, come è successo a me e come, purtroppo, credo sia accaduto per Alberto, come nel caso dei pedali della bici insaguinati che non erano insaguinati“.
“L’altro grande problema, a mio modo di vedere – spiega Raffaele Sollecito – è che io e Alberto Stasi siamo stati e lui ancora lo è in carcere con un percorso della giustizia ingiusto, e abbiamo pagato, ma se ci sono stati degli errori, e ci sono stati, perché i magistrati che hanno commesso questi sbagli così evidenti ed enormi nei confronti di cittadini e ragazzi che dovrebbero difendere e tutelare, non pagano mai? Perché?“