La tossicodipendenza non è solo un problema individuale, ma una ferita che attraversa intere famiglie, spesso in silenzio. È da questo vissuto che nasce la Fondazione Genovese, e a raccontarne l’origine è la stessa Laura, sorella dell’imprenditore Alberto Genovese: un racconto intimo, diretto, doloroso ma anche pieno di consapevolezza.
Una storia privata che diventa impegno pubblico
Laura Genovese non si definisce soltanto la fondatrice della Fondazione che porta il suo nome e quello del fratello Alberto, ma ne è anche – come lei stessa afferma – il «cuore pulsante». Il progetto nasce infatti da una storia vera, vissuta in prima persona, segnata dal dolore e dal senso di impotenza tipici di chi si trova accanto a una persona che lotta contro la dipendenza. È un percorso che ha lasciato ferite profonde, ma che Laura ha scelto di trasformare in impegno e consapevolezza. «Se mi avessero detto anni fa che un giorno mi sarei trovata qui a raccontare tutto questo, probabilmente non ci avrei creduto».
Riflettendo sul passato, Laura ripercorre i segnali che oggi riconosce con lucidità: i cambi d’umore, l’euforia alternata alla tristezza, l’insofferenza. «Erano segnali evidenti, ma non li ho visti. O forse non ho voluto vederli. Perché quando si nomina un problema, lo si rende reale. E finché non lo si dice ad alta voce, si spera che passi da solo. Ma così non è».
«Non si guarisce da soli»: la dipendenza è una malattia, anche per chi sta vicino
Nelle sue parole emerge una visione chiara: la tossicodipendenza è una malattia. Una malattia che isola, confonde, stravolge, e da cui è estremamente difficile uscire da soli. Colpisce senza distinzione: età, classe sociale, livello culturale non contano. «La droga può entrare nella vita di chiunque», sottolinea, ricordando che anche chi sta accanto a chi soffre finisce col vivere un percorso doloroso e spesso solitario.
Racconta della difficoltà nel riconoscere la situazione, del senso di colpa, della distanza che si crea nella speranza – vana – che un’assenza diventi un segnale, un campanello d’allarme. «Mi sono allontanata da mio fratello sperando che sentisse la mia mancanza e che questo lo aiutasse a reagire. Ma il suo unico pensiero era la droga. E non poteva accorgersi di nulla».
La nascita della Fondazione: un aiuto per chi non sa a chi chiedere aiuto
Da questo dolore nasce l’idea della Fondazione Laura e Alberto Genovese: uno spazio sicuro, gratuito e accessibile per chi, come Laura, si è sentito solo davanti a una realtà troppo grande. «Se avessi chiesto aiuto prima, forse le cose sarebbero andate diversamente», dice oggi con lucidità.
Il progetto mette al centro le famiglie delle persone tossicodipendenti, offrendo supporto psicologico specializzato, orientamento e materiali informativi. Ma soprattutto, promuove il diritto di chiedere aiuto senza vergogna. «Non ci sarà mai nulla di più straziante del non aver saputo come aiutare una persona che ami».
Un messaggio di speranza per chi vive nell’ombra
Oggi, l’impegno di Laura si rivolge a chi si trova nella stessa condizione: famiglie, amici, partner di persone che fanno uso di sostanze, e che non sanno a chi rivolgersi. Il messaggio è chiaro: dalla dipendenza si può uscire. E non si è soli. Anche se la storia di Alberto ha avuto sviluppi dolorosi, la sua esperienza è diventata il motore di una rete di supporto nata per offrire luce, ascolto e strumenti concreti. «Vogliamo che nessuno si senta più invisibile, come lo siamo stati noi».
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