Tutti e ventisette i paesi devono trovare un accordo sulla propria posizione relativa all’Ucraina e sulle garanzie di sicurezza
Dopo un periodo di silenzio e trattative più o meno andate a vuoto, scende in campo l’Europa sul conflitto Ucraina e Russia, cercando di recuperare il terreno perso dopo l’inserimento burrascoso di Donald Trump e degli Stati Uniti.
Ora tocca ai ventisette paesi che devono assolutamente concordare la propria posizione sull’Ucraina e sulle eventuali garanzie di sicurezza che possono fornire per accompagnare l’accordo di pace anche per venire incontro alle richieste degli Stati Uniti. “Qualsiasi soluzione per l’Ucraina non potrà prescindere dal coinvolgimento di Washington. È irrealistico pensare che l’Europa possa agire da sola, sia a livello militare che diplomatico“, mette in chiaro una fonte diplomatica europea.
Detto questo, nessuno nega che l’Unione europea debba aumentare la propria difesa anche per soddisfare almeno in parte le pretese del presidente americano, Donald Trump.
Il confronto partirà dalle proposte avanzate da von der Leyen nel suo piano ReArm Europe: il prestito congiunto da 150 miliardi; la sospensione del Patto di stabilità per permettere agli Stati di investire nella difesa; la possibilità di utilizzare i fondi di Coesione per il riarmo; il maggiore impegno della Banca europea per gli investimenti e, infine, l’aumento dei fondi privati. I punti più discussi sono i primi due.
Sui 150 miliardi di prestiti congiunti i frugali – ben felici comunque che non siano grants – chiedono garanzie sulla destinazione di quei fondi e la possibilità che siano almeno in parte trasferiti all’Ucraina; così come vorrebbero il coinvolgimento anche di Paesi partner extra-Ue.
“Se un’azienda norvegese apre una fabbrica di munizioni nell’Ue, deve poterne beneficiare”, ha spiegato un diplomatico. La Francia insiste invece sulla componente ‘Made in Europe’ per evitare che una buona percentuale di questi soldi finisca nelle tasche di imprese americane.
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