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Due anni dalla strage di Bucha: il drammatico racconto dei sopravvissuti

Due anni fa l’occupazione della città di Bucha. Il racconto di chi ha perso i cari e il disperato tentativo della città di risorgere dalle ceneri

Due anni fa, le immagini che arrivarono da Bucha, sconvolsero il mondo. Il conflitto tra Ucraina e Russia era agli inizi e le foto e i video dei corpi di centinaia di civili, legati e trucidati dopo aver subito numerose torture, vennero mostrati dalle televisioni ucraine. Il presidente Volodymyr Zelensky ha ricordato l’eccidio di Bucha con un messaggio significativo sui social. Un video dove vengono riproposte alcune delle immagini più cruente, con queste parole: “Due anni fa, il mondo intero ha capito il vero senso della nostra lotta. Compresi quelli per i quali, purtroppo, si trattava solo di un’altra guerra. Hanno visto cos’è veramente questa guerra. E che l’Ucraina difende non solo i suoi confini statali e la sua sovranità, ma tutto ciò che rende umane le persone”.

A due anni dalla strage di Bucha. Il racconto dei sopravvissuti e il tentativo della città di andare avanti e ripartire – Cityrumors.it (Foto Ansa)

Centinaia le storie raccontate da chi ha perso familiari a Bucha. Natalija Verbova, una donna che viveva in quella cittadina, ha ricordato all’Associated Press di aver appreso della morte del marito Andrii, che era rimasto per difendere il territorio insieme ad altri concittadini da una foto, nella quale aveva riconosciuto un piccolo particolare: i calzini che lei stessa gli aveva regalato. La foto ritraeva otto uomini giustiziati e distesi sul cemento freddo nel sobborgo di Bucha. Il marito era a testa in giù e con le mani legate. Guardando i calzini non ebbe dubbi. “Non dimenticherò mai la pozza di sangue sotto di lui. Quando ho visto queste foto in tutto il mondo ho provato dolore”, ha detto la donna, in piedi davanti alla tomba del marito. “Sono passati due anni, ma per me è come se fosse successo ieri. Non è cambiato nulla”.

L’attacco a Bucha e i ritrovamenti

La storia di Nataljia è simile a quella di altre migliaia di uomini e donne: in molti hanno perso i loro cari dopo l’attacco delle truppe russe, che hanno occupato rapidamente Bucha, e sono rimaste in città per circa un mese. Quando l’esercito ucraino ha riconquistato la città, si sono imbattuti in immagini che non dimenticheranno mai: un’atrocità assurda: decine di corpi di uomini, donne e bambini che giacevano per le strade, nei cortili, nelle case e nelle fosse comuni. Alcuni mostravano segni di tortura. Giorno dopo giorno, i responsabili dell’esercito di Kiev e i sanitari che li avevano accompagnati, trovarono cadaveri ovunque: negli scantinati, nei portoni, nelle profondità dei boschi. Il sobborgo, un tempo confortevole, era scioccato e silenzioso. Sono stati trovati più di 400 corpi. Le autorità ucraine affermano che il numero totale dei morti non è stato definito e che molti sono ancora dispersi.

Oggi, a due anni di distanza, Bucha sta provando a guardare oltre. Le gru punteggiano l’orizzonte e le strutture scheletriche dei futuri complessi residenziali fiancheggiano l’arteria principale. Caffè e ristoranti sono aperti. Sono segni di speranza e rinnovamento dove un tempo c’erano solo trauma e disperazione. Dove le tombe frettolose erano segnate da croci di legno, ora ci sono lapidi di marmo con i ritratti degli eroi di guerra. Nel vicino sobborgo di Irpin, dove intere strade sono state distrutte e annerite durante l’occupazione russa, ciò che è stato distrutto viene ricostruito. In occasione del secondo anniversario della liberazione di questi e altri sobborghi di Kiev, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha ringraziato tutti coloro che hanno partecipato al loro rinnovamento. “Non si tratta solo di ricostruire dalle rovine, ma di preservare l’idea di un mondo libero e della nostra Europa unita”, ha dichiarato.

A due anni dalla strage di Bucha, sono stati riaperti bar e ristoranti – Cityrumors.it (Ansa Foto)

Una città che prova ad andare avanti

Ma per gli abitanti della città, i cambiamenti non hanno migliorato la situazione. Molti residenti non sono riusciti ad andare oltre al trauma subito: alcuni provano a guardare avanti, altri non riescono a dimenticare. Sui quotidiani locali ha trovato grande spazio la storia di Verbova, che ha dichiarato di aver trovato un pizzico di serenità, grazie alla sepoltura del marito. Lui e  altri uomini avevano creato un blocco stradale nel tentativo di impedire alle truppe russe di avanzare verso Kiev. Sono stati poi ritrovati senza vita, con i loro corpi distesi fuori da un edificio in via Yablunska. Erano lì da un mes. Solo dopo che i russi si ritirarono da Bucha i loro cari poterono raccoglierli. “Questi uomini uomini dovrebbero essere considerati eroi nazionali”, ha detto Verbova. Si tiene stretti gli oggetti del marito – l’elenco telefonico e il portafoglio – come se fossero gioielli. Ma non riesce ad andare avanti. Ha detto che il governo non ha dato a suo marito lo status ufficiale di militare, una designazione che permetterebbe alla famiglia di ricevere un risarcimento finanziario.

La città di Bucha ricorda le vittime del massacro avvenuto due anni fa – Cityrumors.it (Ansa Foto)

Il problema del risarcimento finanziario negato

È un problema che accomuna la maggior parte delle famiglie degli uomini. Oleksandr Turovskyi, il cui figlio Sviatoslav di 35 anni era tra loro, sta lottando per ottenere lo stesso status. A casa, dove sono esposte foto di Sviatoslav da ragazzo e come membro della difesa territoriale, tiene in mano le medaglie di guerra del figlio. “I genitori non dovrebbero seppellire i loro figli. Non è giusto“, ha detto. A differenza di gran parte della rinascente Bucha, il luogo in cui furono scoperti gli otto uomini è per lo più intatto. I loro ritratti sono appesi al muro dell’edificio insieme a dei fiori. Turovskyi visita ancora il luogo per sentirsi più vicino a suo figlio. Alle 5 di sera (dopo il lavoro), ho ancora la sensazione che entrerà in casa e mi dirà: “Ciao, come stai?“, ha detto. “Per tutti questi due anni, anche più di due anni, l’ho aspettato. Anche se so di averlo già seppellito, lo sto ancora aspettando”. Il mondo non dovrebbe dimenticare che c’è una guerra in Ucraina, ha continuato. “Per questo dobbiamo parlarne, per fermarla e impedire che si diffonda”, ha detto. “In modo che gli altri non possano provare quello che proviamo noi”.

 

Paolo Colantoni

Amo scrivere, raccontare e leggere. Adoro i film, le serie poliziesche e la musica. Ho cantato con Michael Jackson (ho le prove) e collaborato con testate nazionali (Libero, Corriere dello Sport, Tuttosport e Radio 101), regionali (Rsa, Radio Incontro Olympia, Teleroma 56), siti e riviste. Enzo Biagi diceva che il giornalista è un “testimone dei fatti”. Noi proviamo ad esserlo della realtà di oggi.

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