Massimiliano De Santis pubblica il suo primo libro: una storia di vita, la sua vita, tra stadio, militanza e carcere.
Nato e cresciuto a Primavalle. Sono gli anni 90 e la storica borgata romana è teatro di scontri tra militanti di destra e sinistra, ma non solo. C’è anche il calcio ad accendere la passione: si sa, Roma è una piazza calda e il derby è una cosa seria, per un bambino scegliere i colori ‘giusti’ può anche essere fondamentale per il proprio futuro. Ed è in quel quartiere, prevalentemente giallorosso e di sinistra, che Massimiliano muove i suoi primi passi in strada e si appassiona ai colori biancocelesti, si avvicina alla ‘sezione’ e ha sfidato la vita, la stessa che lo porta a toccare il fondo, tra l’arresto e la depressione, ma che oggi gli ha permesso di raccontare a noi il suo percorso.

Perché hai deciso di raccontare ora la tua storia?
“Ho iniziato a raccontare la mia storia con il Covid. Ero agli arresti domiciliari e da poco uscito dal carcere. Ho voluto scrivere la mia esperienza perché spero che anche una sola persona, leggendola, possa migliorare la sua vita e salvarsi da quello che ho passato io. Sento, ad oggi, di aver raggiunto la mia missione e sono più consapevole“.
Scrivi “sono cresciuto troppo presto e troppo solo”: cosa ti ha fatto crescere così in fretta e cosa ti ha salvato?
“La vita mi ha fatto crescere velocemente. La vita che ho dovuto affrontare, quello che ho vissuto e dove l’ho vissuto. Ognuno di noi, comunque, cresce in base al contesto al quale è abituato e si rapporta con ciò che la vita ti fa affrontare. Ti dico, con orgoglio, che mi sono salvato da solo e ciò che mi ha tenuto in piedi in quei momenti difficili è stata sicuramente la mia forza ma anche la Fede e Dio. In parte mi sono salvato anche grazie aver preso strade come stadio e politica che, nel bene e nel male, mi hanno formato, dato delle regole“.
Come si intrecciavano politica, calcio e vita quotidiana nella tua borgata?
“Io vengo da un quartiere storicamente giallorosso e rosso (di sinistra). Mentre io nasco, cresco e mi formo di destra e biancoceleste. Tutto il contrario. La mia è sempre stata una vita in trincea, in battaglia. Quando andavo a scuola, in classe su magari 18 alunni, 15 erano della Roma, uno del Milan, uno della Juve e uno della Lazio. In politica… era tutto completamente rosso. Io ho cominciato a militare da piccolo, quindi ha inciso della mia formazione e la militanza è stata il centro della mia vita per tanti anni. Questo è il contesto, contesto che non rinnegherò mai perché, come scriveva Tolkien, ‘le radici profonde non gelano’. Ad oggi va bene così, va bene che mi sono allontanato perché per me nella vita ogni cosa ha il suo tempo e ad oggi è giusto così“.

Parli di errori, domiciliari, depressione: qual è stato il tuo punto di svolta?
“L’esperienza. Gli errori si fanno però l’importante è non commetterli di nuovo, non rifare gli errori che ti portano al carcere, poi ai domiciliari e ad avere problemi con la giustizia. Non serve, non ne vale la pena. La depressione è una malattia. Se prima non accettavo di essere malato, non me lo perdonavo. Oggi appena sento qualcosa che non va, prendo e vado dal medico. Fortunatamente oggi ci sono i farmaci, ci sono i medici, non è più come una volta. Sulle malattie mentali come depressione, ansia o altre c’è ancora troppa disinformazione. Spero veramente che questo libro possa aiutare chi ne soffre, basta anche una sola persona che possa capire attraverso le mie parole che c’è una soluzione, che se ne può uscire. Come ce l’ho fatta io, ce la possono fare tutti. Se questo dovesse accadere, sarò la persona più felice al mondo“.
È stato terapeutico parlare della tua storia? Come ti sei sentito a ripercorrere quelle che sono state le tue scelte?
“Non è stato facile, anche oggi con il libro pronto e stampato non è facile. Il mio nome è sempre stato sugli articoli di giornale per via delle diffide, degli arresti e per politica e ho sempre combattuto per ripulire la mia immagine. Dopo l’ultimo arresto, sono stati cancellati 36 articoli. Invece, ora, sono io che rendo pubblica la mia storia e lo faccio solo ed esclusivamente per far capire che ce l’ho fatta e che nella vita si può stare meglio, si può viviere in tranquillità, non perché mi sento arrivato sia chiaro. A tal proposito invito tutti i lettori a prendersi cura della propria vit, questa è un tesoro prezioso e non torna più indietro“.
Cosa speri arrivi a chi si rispecchia in “Chicco” e a chi dedichi questo tuo libro?
“Il valore della vita, di quanto sia preziosa. Dedico queste mie parole a chi soffre, a chi è privo di libertà, a tutti i cani chiusi in un canile e agli animali maltrattati. La dedico a Gabriele Sandri, a Luigi Liani e a mia mamma che sono i miei angeli in paradiso. A mia moglie Francesca e a mio figlio che sta per nascere, Gabriele. Grazie a tutti voi che mi avete ascoltato e a chi deciderà di leggere il mio libro o solamente informarsi sulla mia storia. Grazie“.
Intervista a cura di Flaminia Laurenzi