Un turista olandese truffato: paga 1.485 euro per due drink per un errore sulla virgola. La sua banca si rifiuta di rimborsarlo
Una vacanza da sogno può trasformarsi in un incubo, specialmente quando il conto del bar si trasforma in una cifra degna di un acquisto immobiliare. È quanto accaduto a un ignaro (e sbadato) turista olandese che, per due drink e un sacchetto di patatine, si è visto addebitare la modica cifra di 1.485 euro anziché i previsti 14,85. Il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) è che la sua banca si è rifiutata di rimborsare l’ingente somma.

Il nostro sventurato avventore si trovava in Messico da oltre sei mesi quando, distratto o forse già inebriato dall’aria vacanziera, ha pagato il conto con la carta di credito. Peccato che si sia “dimenticato” un dettaglio fondamentale: la virgola. Invece di 310 pesos messicani, il terminale ha registrato 31.000 pesos, un errore da ben cento volte l’importo corretto.
Una volta tornato alla realtà, l’uomo ha subito presentato reclamo alla Rabobank, sostenendo che una transazione di tale entità, del tutto insolita per le sue abitudini di spesa, avrebbe dovuto essere notata e bloccata in automatico.
La banca, però, ha risposto picche. Così, il malcapitato ha deciso di rivolgersi a Kifid, un istituto indipendente che gestisce i reclami sui fornitori di servizi finanziari olandesi, sperando in un barlume di giustizia.
Nessun rimborso da parte della banca
La vittima ha esposto la sua tesi a Kifid: “Probabilmente il venditore ha aggiunto altri due zeri dopo che il consumatore ha verificato l’importo sul terminale di pagamento oppure il terminale di pagamento è stato utilizzato in modo fraudolento, il che significa che non è stato visualizzato l’importo corretto“.

Insomma, il classico trucco del “terminale impazzito” o del venditore disonesto. L’uomo ha giurato di non aver acconsentito a tale operazione e di non aver agito con grave negligenza, sostenendo di essere stato raggirato. Ma qui arriva l’ironia amara della giustizia finanziaria.
La questione, per il comitato per le controversie del Kifid, non è se l’uomo sia stato truffato o abbia commesso un errore di distrazione. Il punto focale è un altro: è stato il cliente stesso ad approvare il pagamento, digitando personalmente il suo codice PIN. E questo, giuridicamente, lo inchioda. Il fatto che in quel momento non si sia reso conto di aver pagato cento volte troppo non ha alcuna importanza: la transazione è stata autorizzata da lui.
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La sentenza è stata impietosa: sebbene le banche siano tenute a prevenire frodi o abusi, non sono obbligate a monitorare attivamente ogni singola transazione per deviazioni dalle normali abitudini di spesa. In questo caso, la Rabobank non ha dovuto intervenire e non è ritenuta responsabile per i danni subiti. Insomma, un brindisi (costosissimo) all’attenzione al dettaglio quando si è in vacanza. E magari, la prossima volta, un bel calcolatore tascabile.