La storia molto particolare del 65enne e la spirale della pornografia online: un rischio che potrebbe correre chiunque
Il contesto è quello di una cittadina tranquilla, di quelle dove ci si conosce un po’ tutti. La storia, invece, è un po’ meno consueta, perché parla di un uomo di 65 anni, un pensionato come tanti, e di un’ossessione. Un qualcosa che lo ha portato a rischiare fino a 18 mesi di carcere.
Tutto è partito negli Stati Uniti, da un allarme lanciato dal Centro nazionale americano per i bambini scomparsi e maltrattati (NCMEC). Questo ha acceso i riflettori su un indirizzo IP, una sorta di “targa” digitale, che conduceva dritto all’abitazione di un signore nella cittadina di Berlaar, in Belgio. Da lì partiva il download di materiale illegale, un fiume di immagini che ha fatto scattare l’indagine delle autorità belghe.
Così si è arrivati a maggio 2024, con la perquisizione nell’abitazione che ha svelato una realtà inquietante. Non una “collezione” recente, ma un accumulo di materiale pedopornografico che durava da più di dieci anni. Computer, cellulare… la polizia ha trovato un quantitativo considerevole di immagini, descritte dalla Procura come “assolutamente inaccettabili”.
Davanti agli inquirenti, l’uomo non ha negato. Al contrario, ha parlato di una dipendenza dalla pornografia e di una ricerca di contenuti sempre più estremi. Questo lo avrebbe trascinato in un vortice pericoloso.
Hanne Schoovaerts, avvocato del 65enne, ha cercato di dare una chiave di lettura diversa. Nello specifico ha parlato di una vera e propria dipendenza patologica, una spirale incontrollabile. Per questo la richiesta è stata di una condanna con sospensione della pena e libertà vigilata, nella speranza di offrire al suo assistito una via d’uscita, un percorso di recupero.
“La situazione è sfuggita di mano a causa dell’abbondanza di materiale pornografico su Internet“, ha spiegato l’avvocato Schoovaerts durante l’udienza. Parole che hanno aperto un dibattito complesso sul ruolo della rete e sulla facilità di accesso a questo tipo di contenuti. Pur precisando che il suo assistito non era un “grande collezionista” di pornografia infantile, l’avvocato ha riconosciuto che ogni singola immagine rappresenta un crimine, una violenza su un minore.
In tribunale, l’uomo è apparso provato, visibilmente commosso. Con le lacrime agli occhi, ha ammesso le sue responsabilità, dicendosi consapevole degli errori commessi. Un gesto di pentimento che, però, potrebbe non essere sufficiente a evitargli la condanna, considerando la lunga durata dell’accumulo di materiale.
La sentenza è prevista entro un mese. Al di là dell’esito giudiziario, questa vicenda solleva interrogativi inquietanti sulla facilità di accesso a materiale pedopornografico online da parte di chiunque. Zero limiti e una necessità di maggiore prevenzione e di controlli più efficaci.
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