Questa la motivazione che ha spinto la corte di Cassazione a disporre, l’11 febbraio scorso, un processo d’appello bis per un ex sindacalista di 48 anni accusato di abusi su una hostess
I fatti risalgono addirittura al 2018, quando l’allora sindacalista lavorava all’aeroporto di Malpensa e si rese protagonista di alcuni palpeggiamenti e toccatine ai danni di una hostess di terra, anche lei in servizio presso il grande hub internazionale lombardo. La donna aveva accusato l’uomo di violenza sessuale dopo che si era rivolta a lui per una vertenza sindacale. I primi gradi di processo avevano però dato ragione all’uomo perchè, secondo il parere dei giudici, l’hostess avrebbe reagito alla molestia dopo 30 secondi dal fatto!
Oggi invece arrivano le motivazioni della Corte di Cassazione, alla quale la hostess aveva comunque fatto ricorso, che ribaltano completamente la vicenda perchè non può essere una discriminate il ritardo della reazione della donna a una molestia e quindi ordina di rifare da capo il processo all’ex sindacalista per abuso sessuale.
Era una brutta storia di molestie sessuali sul posto di lavoro che aveva visto coinvolti una hostess, impiegata nell’aeroporto di Malpensa, che si era rivolta a un sindacalista della società aeroportuale per una vertenza di lavoro, ricevendo in cambio delle avance piuttosto spinte che l’hanno convinta a sporgere denuncia.
Un processo però che poi è passato alla storia per i famosi 30 secondi di reazione che una donna non dovrebbe superare per sentirsi vittima di violenza sessuale e che avevano quindi motivato l’assoluzione dell’uomo perchè i giudici di merito avevano ritenuto che la donna, nei famosi trenta secondi in cui si sarebbe svolto l’episodio, avrebbe potuto opporsi. Una pronuncia che aveva sollevato polemiche perché, secondo i giudici, la condotta del sindacalista non aveva “vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale”, “20-30 secondi”, che “le avrebbe consentito anche di potersi dileguare”.
La Cassazione, lo scorso 11 febbraio, aveva annullato la prima sentenza e oggi sono arrivate anche le motivazioni che ora porteranno a un nuovo processo. I giudici della Corte di Cassazione ora scrivono che il “ritardo nella reazione” della vittima, ossia “nella manifestazione del dissenso“, è “irrilevante” ai “fini della configurazione della violenza sessuale“. E su ciò “la giurisprudenza è netta“, perché la “sorpresa” di fronte all’abuso “può essere tale da superare” la “contraria volontà”, ponendo la vittima nella “impossibilità di difendersi“.
Motivazioni che fanno giustizia e riaprono un processo dopo che la prima sentenza aveva suscitato tanta indignazione, in particolare da parte di molte associazioni femminili che avevano parlato di un passo indietro di 30 anni nella tutela dei diritti delle vittime. In primo grado, il tribunale di Busto Arsizio aveva riconosciuto la credibilità della donna, ma giudicato insufficienti le prove raccolte. Oggi invece si ricomincia da capo e i giudici della Suprema corte hanno disposto un nuovo processo d’appello.
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