Per fermare una deriva che sta diventando sempre più pericolosa la federcalcio ha deciso di muoversi con l’obiettivo di tutelare gli arbitri
Le polemiche arbitrali sono ormai una costante del calcio italiano. Ogni giornata di Serie A porta con sé episodi discussi, decisioni contestate, proteste di allenatori e dirigenti. L’intervento del Var non solo non ha diminuito questa condizione di stress, ma ha addirittura amplificato polemiche e teorie del complotto.
Sempre piĂą spesso, il dibattito non si esaurisce nelle interviste post-partita, ma si amplifica sui social, dove gli arbitri diventano bersagli di insulti e minacce.
Le piattaforme digitali sono il nuovo campo di battaglia di una frustrazione crescente. Sotto ogni post delle pagine ufficiali di club e federazioni si scatena una pioggia di accuse, attacchi personali e illazioni, una deriva che ha superato il semplice sfogo da tifoso.
Una situazione che ha portato diverse federazioni a prendere posizione per tutelare la classe arbitrale e chi opera nel mondo del calcio.
Un primo passo concreto è arrivato dal Giappone. La Japan League ha avviato una politica ferrea contro la diffamazione e le molestie rivolte non solo agli arbitri, ma anche a giocatori e membri dello staff tecnico. La decisione è nata lo scorso ottobre, quando i Machida Zelvia, squadra della J1 League, hanno presentato una denuncia al tribunale distrettuale di Tokyo per attacchi online subiti da alcuni tesserati.
Il club ha chiesto sanzioni per chi aveva diffamato i propri calciatori e membri dello staff. La risposta della federazione giapponese è stata netta: “Ogni club e la Japan League si uniranno per assumere una posizione risoluta” contro insulti e minacce. Nel mirino finiranno qualsiasi forma di attacco fisico o mentale, violazione della privacy e diffamazione sui social media.
Non solo repressione, ma anche prevenzione. La Japan League ha annunciato corsi di formazione per i propri tesserati, con l’obiettivo di fornire strumenti adeguati per affrontare le molestie. Sul tema della discriminazione razziale, è stato ribadito che, in linea con le direttive FIFA, le partite potranno essere interrotte, sospese o annullate in caso di episodi gravi.
Il messaggio è chiaro: il calcio non può più tollerare questo clima d’odio. Una presa di posizione necessaria, che potrebbe presto ispirare anche altre federazioni. Il dibattito resta aperto, ma la direzione è segnata: proteggere il gioco significa tutelare chi lo rende possibile.
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