Il suo nome è finito tra i ricercati di tutto il mondo. Ha creato una truffa colossale e guadagnato miliardi di dollari. Ecco come c’è riuscito
Il suo nome è finito nella lista nera degli Stati Uniti. Con la sua faccia da bambino, i suoi abiti su misura, il suo comportamento sempre impeccabile, si è guadagnato la fiducia di investitori ed è stato in grado di realizzare e gestire un vero e proprio impero immobiliare globale, accumulando miliardi. Ma ora è finito nei guai. Secondo gli investigatori statunitensi, è il boss di una truffa digitale globale. E rischia fino a quarant’anni di carcere.

Su come sia riuscito a diventare così ricco e ad accumulare una fortuna così ingente, esistono ancora diversi dubbi. L’uomo è nato nel 1987 nella provincia cinese del Fujian, sostiene che uno zio misterioso una volta gli prestò 2 milioni di dollari (1,7 milioni di euro) per la sua prima iniziativa immobiliare. Tuttavia, non ci sono prove a sostegno di ciò. Le sue prime iniziative, un internet café e alcune sale giochi, non ebbero molto successo.
Chi è Chen Zi: come ha fatto a fare una fortuna?
Tutto cambiò intorno al 2011, quando fuggì dal mercato immobiliare cinese e si trasferì in Cambogia, dove il gioco d’azzardo era legale. Ed iniziò a fare fortuna. Stiamo parlando di Chen Zhi, un miliardario che è diventato uno degli uomini più ricercati in tutto il mondo. Sembra che sia stato in grado di mettere su una vera e propria truffa mondiale. Che lo ha trasformato in un filantropo- Come detto, la sua fortuna iniziò a svilupparsi, quando si trasferì in Cambogia. Grazie all’afflusso di investitori e turisti cinesi, la tranquilla cittadina costiera di Sihanoukville si trasformò rapidamente in un paradiso di casinò, hotel e locali notturni. Ma divenne anche un rifugio per prostituzione, droga e attività criminali. Chen Zhi era ovunque con i suoi progetti immobiliari.

Nel 2014, aveva già raggiunto un tale successo da riuscire a sborsare facilmente 250.000 dollari (215.000 euro) per acquistare un passaporto cambogiano. Un anno dopo, lanciò il Prince Group, che nel giro di pochi anni si trasformò in un conglomerato con 128 società nei settori immobiliare, bancario e turistico. A quel punto, si muoveva nei più alti circoli politici ed era consigliere ufficiale di Sar Kheng, il Ministro degli Interni cambogiano. Poco dopo, divenne anche consigliere del Primo Ministro Hun Sen. E’ sempre stato attento alla sua immagine: per molti era infatti considerato una sorta di benefattore: si è mosso per pagare borse di studio agli studenti, durante la pandemia ha donato milioni di euro agli istituti sanitari attraverso la sua Prince Foundation ed è stato nominato Duca dal Re della Cambogia. Il suo Prince Group impiega migliaia di persone e possiede hotel, casinò, resort, il prestigioso centro commerciale Prince Plaza nella capitale Phnom Penh e persino una scuola di orologeria.
Oltre dieci miliardi di dollari di truffa: la verità sui suoi affari: i cellulari sequestrati e i social sfruttati
Ma dietro questa immagine di uomo d’affari e di benefattore, si nascondeva altro. E il Governo cinese e statunitense hanno scoperto in breve tempo cosa nascondevano i suoi affari. Nel 2020, la Cina ha aperto un’indagine sulla sua azienda per presunta frode online. Gli Stati Uniti hanno scoperto che il Prince Group è solo una copertura di facciata, che nasconde in realtà le due vere attività: truffe e riciclaggio di denaro sporco. Chen Zhi avrebbe supervisionato almeno dieci operazioni di frode su larga scala in cui le vittime sono state costrette a compiere attività criminali. E’ stato definito il “macellaio”. Ha realizzato migliaia di truffe legate a incontri e investimenti. I suoi dipendenti erano stati addestrati ad utilizzare i social media per instaurare relazioni fittizie con le vittime, convincendole a investire migliaia di dollari o più in criptovalute, per poi vedere il denaro sparire senza lasciare traccia. Solo negli Stati Uniti, le vittime hanno perso circa 10 miliardi di dollari lo scorso anno. Qualcuno l’ha definita come la truffa del secolo.

Gli investigatori americani hanno scoperto call center illegali e milioni di numeri di cellulare rubati. Da lì, i lavoratori forzati chiamavano le vittime negli Stati Uniti e in numerosi altri paesi. In due di queste “fabbriche di frodi”, hanno scoperto 76.000 falsi account di social media gestiti da 1.200 telefoni. La scorsa settimana è stato annunciato che il governo degli Stati Uniti aveva sequestrato a Chen Zhi 127.271 bitcoin , per un valore di circa 14 miliardi di dollari, ovvero 12 miliardi di euro. Prince Group ha istruito i dipendenti su come instaurare un rapporto con le potenziali vittime. È stato consigliato loro di evitare di utilizzare foto profilo di donne “troppo belle”. Questo ha reso gli account sui social media più autentici.
Cinque passaporti e numerose accuse: rischia 40 anni di carcere
Secondo l’accusa, il “Macellaio” costringeva i suoi dipendenti a lavori forzati trattenendoli ore ed ore in strutture isolate. E’ accusato di tratta di esseri umani e riciclaggio di milioni di dollari, e di aver corrotto diversi funzionari pubblici. L’atto d’accusa statunitense nomina 145 coimputati provenienti da Cambogia, Cina, Singapore e Taiwan. Le loro reti avrebbero pagato tangenti a funzionari governativi, agenti di polizia e persino ai servizi segreti cinesi. Oltre agli americani, anche le autorità britanniche sono intervenute. L‘impero di Chen ha sede nelle Isole Vergini Britanniche. Possiede inoltre numerose proprietà a Londra, tra cui una lussuosa villa da 12 milioni di sterline (13,7 milioni di euro), un edificio per uffici da 100 milioni di sterline (114,5 milioni di euro) e altri diciassette appartamenti.

Rischia fino a quaranta anni di carcere, ma arrestarlo è tutt’altro che semplice: l’uomo ha infatti sei passaporti: Cambogia, Vanuatu, Cipro e Santa Lucia e, a quanto pare, anche un passaporto britannico. Ha ottenuto il passaporto cipriota per ottenere un accesso più facile all’UE. La Cambogia non ha un trattato di estradizione con gli Stati Uniti e “Il Macellaio” sembra ancora godere di protezione negli ambienti politici di alto rango.





