Un bambino è in coma da sette anni dopo aver mangiato formaggio, la rabbia del padre: “La nostra vita è diventata un inferno”
Non se ne fa una ragione. D’altronde non potrebbe essere altrimenti. Da sette anni la sua vita, quella della famiglia e di parenti ed amici è completamente cambiata. Gian Battista Maestri è il padre del bambino che, da sette anni, si trova in coma dopo aver mangiato un pezzo di formaggio. Nel corso di una intervista rilasciata al ‘Corriere della Sera‘ si scaglia contro la pediatra che avrebbe dovuto visitare suo figlio. Il motivo del suo rifiuto? Era “troppo stanca“.
“La nostra è una battaglia civica, quella dottoressa dovrebbe cambiare lavoro” continua a ripetere l’uomo. Dal 2017 la loro vita è cambiata. Da quell’anno suo figlio si trova in stato vegetativo. Tutta colpa di un pezzo di formaggio. Alla notizia del rinvio a giudizio, per “lesioni e rifiuto di atti d’ufficio“, della pediatra dell’ospedale “Santa Chiara” di Trento, esprime tutta la sua delusione e rabbia.
Era il 5 giugno del 2017 quando il piccolo aveva 4 anni. Aveva iniziato a sentirsi male dopo aver mangiato un pezzo di formaggio “Due Laghi“, contaminato dal batterio escherichia coli. Trasportato all’ospedale di Cles (Trento) era rimato in osservazione per diverse ore. Poi il trasferimento al Santa Chiara visto che le sue condizioni erano peggiorate. Proprio qui la pediatra si sarebbe rifiutata di visitare il piccolo. Tanto da causare un ritardo nella diagnosi della malattia di Seu, sindrome emolitico-uremica di cui è affetto il piccolo.
Momenti che il padre fa fatica a dimenticare. Dopo aver ingerito il prodotto caseario ha iniziato a sentirsi male. Come le parole della pediatra che non si tolgono dalla sua mente: “Non adesso, sono stanca è tutto il giorno che corro“. Una rabbia che c’è ancora verso a dottoressa, anche se la colpa principale rimane del caseificio. Nonostante quel tipo di prodotto era consigliato come merenda per bambini. Poi l’operazione di appendicite, se la pediatra lo avesse visitato si sarebbe potuto evitare il tutto.
Dopo l’intervento il piccolo è entrato in coma dopo essere stato un mese in terapia intensiva all’ospedale di Padova. Poi un anno in una clinica riabilitativa di Conegliano. A fargli compagnia la moglie che si dovuta licenziare dal lavoro per stargli vicino. Lo gestisce giorno e notte, 47 farmaci al giorno. Purtroppo la situazione è grave, la malattia non si ferma. Il padre sa bene che, purtroppo, per il figlio non c’è più nulla da fare.
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