Il senatore del Pd Miche Fina critica aspramente il Governo dando voce in Senato all’ex Ministro ed ex Sindaco che scrive da Rebibbia
Un disperato urlo di dolore e sofferenza direttamente dal carcere. Una voce per tutti e non è una voce scontata e tanto per parlare, ma si tratta dell’ex Sindaco di Roma, nonché ex Ministro della Repubblica Italiana Gianni Alemanno che con l’estate alle porte, ma soprattutto il caldo fa una dura reprimenda alla politica italiana.

Il suo grido di dolore è stato ascoltato in aula al Senato e a leggere la lettera di Alemanno e quindi a dargli voce è stato il senatore Michele Fina del Pd direttamente dai banchi dell’aula, con un silenzio incredibile. “Qui si muore di caldo, un vero forno, ma la politica dorme con l’aria condizionata”, uno dei passaggi più forti della lettera di Gianni Alemanno.
E’ questo uno dei passaggi del diario dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno sulla situazione a Rebibbia in questi giorni di caldo torrido, diario letto in Aula da Michele Fina (Pd), intervenuto nel dibattito sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere. Così facendo Fina ha pubblicamente criticato il Parlamento, accusandolo di ignorare i veri problemi della giustizia italiana.
La politica è ferma sulla drammatica situazione dei penitenziari
Nel diario, Alemanno (già parlamentare, ministro, sindaco di Roma) spiega come la temperatura nelle celle di Rebibbia cresce salendo i piani del penitenziario, tanto che all’ultimo ci sono 10 gradi in più rispetto al piano terra; “ma la politica dorme con l’aria condizionata”, ripete Alemanno. L’ex sindaco di Roma, racconta poi come la miscela di sovraffollamento e calura, renda “una tortura” la vita in carcere.
Se uno studente volesse sperimentare in modo evidente il significato del concetto fisico di “gradiente termico” dovrebbe venire qui a Rebibbia e spostarsi dal piano terra fino al secondo e ultimo piano. Al piano terra, grazie all’umidità che viene dal suolo, il caldo estivo è ancora sopportabile, ma salendo per le scale che portano al secondo piano, la temperatura aumenta progressivamente di almeno un paio di gradi per ognuna delle quattro rampe che compongono queste scale. Per cui, quando si arriva in cima, ci sono quasi dieci gradi di temperatura in più. Se poi, come il sottoscritto, si abita nell’ultima cella del corridoio, quella esposta al sole non solo sul soffitto ma anche su due lati, “l’effetto forno” è una realtà.
Il carcere di Rebibbia è stato costruito negli anni ’70 quando tutte le strutture erano in cemento armato privo di coibentazione e quindi perfette per trasmettere il freddo durante l’inverno e il caldo durante l’estate. Ma d’inverno ti metti due coperte, d’estate cosa fai? Assenti, ovviamente, impianti di condizionamento nelle celle e nei corridoi, i detenuti girano in versione spiaggia (per non dire altro), si buttano in branda come se fossero su un lettino da spiaggia (per non fare altri paragoni), si inventano miserevoli trucchi per contrastare qualche grado di temperatura. Luciano, il nostro anziano di cella, esperto muratore e capo mastro, ha elaborato un complicato sistema di vasi comunicanti per distribuire l’acqua corrente per rinfrescare bottiglie d’acqua e un poco l’ambiente.